Il miele e l’aceto. La sfida educativa dell’adolescenza

Lamberto Bertolé

Il miele e l’aceto. La sfida educativa dell’adolescenza

Novecento Editore,

Milano 2015,

pp. 212, € 14,00

Margherita Mainini

Nella prefazione al libro Don Gino Rigoldi, riferendosi all’autore, dice che “il testo è proprio il risultato di un intreccio tra la sua storia personale, un ricco impianto teorico e l’esperienza concreta vissuta come educatore e insegnante.” Nell’introduzione lo stesso Bertolé scrive: “In questo libro voglio parlare di adolescenti sapendo che sto parlando anche di me” e avverte il lettore che si troverà spesso di fronte al pronome “io”, secondo una modalità di scrittura che non indica altro se non la costante prassi del mettersi in gioco in prima persona nell’esperienza e nella riflessione sulla stessa.

Anche a me viene di parlare in prima persona, perché, motivata fin dalla prefazione e dall’introduzione, ho letto il libro vivamente presa dal non poter fare a meno di ripensare alla mia ex lunga vita di insegnante. Vi ho infatti ritrova- to, esposti con notevole competenza, onestà intellettuale e chiarezza, tutti i nodi che necessariamente ci si trova ad affrontare in una relazione educativa. Così mi sono ritrovata pienamente nell’affermazione che, se pur a livelli diversi e in condizioni diverse, le dina- miche relazionali fra adulti e ragazzi presentano le stesse caratteristiche in una comunità per la “messa alla prova” come in un’aula scolastica.

Gli adulti impegnati con minori, siano essi educatori, per professione preparati alla gestione dei rapporti interpersonali, oppure insegnanti, spesso purtroppo preparati alla gestione delle relazioni solo per iniziativa personale, o anche semplicemente genitori consapevoli del- la complessità del proprio ruolo, posso- no trovare molto utile leggere in modo autocentrato le puntuali considerazioni sui perni della responsabilità educativa trattati nel testo.

Colpiscono e coinvolgono il rigore e la chiarezza con cui Lamberto Bertolé descrive le fragilità e le potenzialità dell’adulto nella relazione pedagogica.

Lo fa a partire dal tema del conflitto, affermando che “ [… ] l’amore, da solo, non contiene”, e che è necessario che gli educatori, siano essi in comunità, nella scuola o in famiglia, si assumano la responsabilità del conflitto, non lo evitino e, anzi, quando necessario, proprio lo inneschino, con la risultante di essere legittimati nel ruolo propositivo che rivestono.

Svolge poi, in modo altrettanto ampio e competente, altri temi sulla corretta posizione pedagogica, come quello della giusta distanza, per cui l’adulto non può mai cedere alla fascinazione di modalità paritarie di stile amicale, o quello della necessità di dare regole, di mettere i paletti senza i quali perderebbe valore anche l’aspetto della “sana” trasgressione dell’età della contro-dipendenza, o quello ancora della valutazione, fondamentale, sempre che siano espressi giudizi su comportamenti o prestazioni e non sulle persone.

E tratta infine la questione che di fatto tutte le altre comprende: quella del potere. All’adulto che vuole essere educatore è indispensabile partire dalla consapevolezza del suo esercizio. Con riferimento alla definizione della psicologia sociale, per cui “il potere è la capacità di esercitare influenza sugli altri”, Bertolé parla infatti di quel dominio buono” che è fondamento per la costruzione dell’identità di chi, come l’adolescente, vive determinanti momenti di cambiamento e crescita personale.

In sintesi mi sembra di poter dire che la cosa che più preme all’autore sia che, attraverso le riflessioni presentate nel testo, passi il concetto dell’intenzionalità come caratteristica prima delle modalità d’essere di un educatore.

Questa, unita ad una prassi di riflessione sull’esperienza, fatta anche nel confronto continuo con altri, “salva” gli operatori sia dal pericolo di essere preda di un volontaristico senso di onnipotenza, che non può che rivelarsi fallimentare, sia dal rischio opposto di un atteggiamento di aprioristica disillusione, che porta solo alla rinuncia ad agire responsabilmente.