Giornata mondiale contro bullismo e cyberbullismo

Di PAOLA NAVOTTI

Istituita nel 2017 dal Miur, la giornata mondiale contro il bullismo e il cyberbullismo ricorre il 7 febbraio di ogni anno. Non si tratta evidentemente di un promemoria formale, ma di uno spunto significativo per la memoria di ognuno di noi e dell’intera società.

Con il termine bullismo viene definito un comportamento aggressivo e ripetitivo nei confronti di chi non è in grado di difendersi. Solitamente, i ruoli all’interno di questo fenomeno sono ben definiti: da una parte c’è il bullo, colui che attua dei comportamenti fisicamente e psicologicamente violenti; dall’altra parte c’è la vittima, la cui sofferenza provoca un’esclusione sociale fonte di notevole umiliazione e mortificazione. Cosa induce una persona a comportarsi da bullo? Le ragioni contingenti possono essere molteplici, legate alla storia personale e a particolari traumi sperimentati; tuttavia, esiste un’origine comune che si può sintetizzare nella percezione di sé.

Dall’opinione che ognuno sviluppa riguardo a se stesso deriva molto della propria personalità e, dunque, del proprio agire. Il concetto di sé si focalizza sugli aspetti cognitivi, su come ci si vede e ci si descrive nei vari ambiti della vita; l’autostima riguarda invece gli aspetti valutativi del sé, il valore che ad essi si attribuisce. Un giudizio percepito, o subìto, di fragilità e di inadeguatezza può diventare l’inizio di comportamenti sregolati, eccessivi cioè sia nel subire la volontà di altri, che nell’imporre la propria. Non a caso, molte persone che manifestano comportamenti da bulli vivono un disagio di mancata attenzione, di scarsa considerazione o stima. Ciò evidentemente non deve mai costituire un alibi, ma certamente uno spunto di riflessione. Quest’ultima è sempre di matrice pedagogica, cioè sempre riguarda gli adulti: il percorso e l’esempio che gli adulti propongono ai più giovani loro affidati. Non sarà mai abbastanza interrogarsi su questo e cercare di mettersi in discussione: non solo in maniera individuale, cercando cioè autonomamente di vagliare i propri comportamenti in una sorta di esame di coscienza; ma soprattutto in maniera comunitaria, cioè permettendo a persone fidate e stimate di proporci una correzione, un altro modo di relazionarci con chi è affidato alle nostre cure.

Il cyberbullismo porta con sé la stessa aggressività e intenzionalità del bullismo, ma attraverso dispositivi elettronici mobili che implicano un contatto ripetuto nel tempo con una vittima che non può facilmente difendersi. Mantenendo l’anonimato, o potendo controllare le informazioni personali della sua vittima, la violenza del cyberbullo è oggi la più pericolosa e, purtroppo, molti sono i casi di cronaca in cui le vittime arrivano a compiere atti tragici, nati da una disperazione percepita senza rimedio. Cosa fare? Una mobilitazione pubblica su tali temi è fondamentale, ma non è abbastanza. Occorre una continua educazione, così come occorre una persistente comunità educante. Molti anni fa, quando delle famiglie erano strutturate intorno a cortili, a spazi cioè comuni e vivibili, i comportamenti dei bambini e dei ragazzi erano sotto gli occhi di tutti: in tale condivisione degli spazi vitali, un genitore si sentiva autorizzato a richiamare sia i propri figli, sia i figli degli altri. Così facendo i giovani di allora non sono cresciuti traumatizzati, ma più certi, più psicologicamente saldi e probabilmente anche meno complessati. Ora, è chiaro che non si può tornare alle case di ringhiera, piuttosto che alla vita in cascina. Ciò che si potrebbe fare però è trovare altri spazi di condivisione: basterebbe un invito in più a cena, o un appuntamento in più dato al proprio vicino di casa, o a chi si volesse conoscere maggiormente. Le persone di tutte le epoche, a maggior ragione in questi nostri tempi contemporanei, avranno sempre bisogno di una compagnia umana. Quest’ultima è possibile per tutti, ma richiede di essere domandata, cercata, coltivata, anche educata. Ed è un formidabile deterrente contro qualsiasi forma di violenza, o di prevaricazione.