La fabbrica delle parole (speciale e diagnosi)

Di PAOLA NAVOTTI

Cosa è speciale e perché…? Il sostantivo latino species indica l’aspetto di qualcosa o di qualcuno e, in senso più ampio, l’insieme degli esseri viventi con aspetto simile, cioè appartenenti alla stessa specie scientifica. Come arriviamo a conoscere l’aspetto di qualcosa, o di qualcuno? Innanzitutto guardando, poi ragionando. Guardare – in latino non a caso specere – è la facoltà che più rende l’essere umano, per l’appunto, speciale. Tra tutti gli esseri viventi infatti, solo la specie umana è in grado di guardare – di leggere dentro ciò che vede – perché è l’unica dotata di ragione, cioè della capacità di astrarre e di fare esperienza: solo l’essere umano è in grado di conoscere.
La parola italiana dia-gnosi esprime efficacemente tutto questo nella sua etimologia greca: conosco (gignòsko) attraverso (dià). Attraverso che cosa? Attraverso dei segnali, degli indizi che non si esauriscono ai sintomi clinici. Infatti, anche se usata per lo più in ambito medico, la parola diagnosticare indica un’azione conoscitiva che non riguarda solo le malattie, ma tutto: trarre le conseguenze dei segni che osserviamo è il primo passo di qualsiasi conoscenza.
Si intuisce allora che ogni conoscenza, ogni dia-gnosi, non deve dimenticare di essere speciale, cioè chiamata innanzitutto a cogliere quanto accomuna, quanto unisce prima di quanto divide. Con o senza certificazioni cliniche, la dia-gnosi che accomuna tutti gli esseri umani è che ognuno di noi è unico perché è irripetibile il contributo che ciascuno porta nel mondo.
Questa è la vera specialità della nostra specie, ma è la più difficile da diagnosticare.