IoT e rigenerazione urbana
Di ANDREA MAGGIONI (Educatore e Formatore Stripes Digitus Lab)
e ORNELLA SANNAZZARO (Tirocinante Media Education – Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)
Con la denominazione Internet of Things (IoT) – internet delle cose, in italiano – si intende comunemente l’applicazione di connessioni internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti, senza l’intervento diretto di operatori umani. In questi termini l’estensione di tali connessioni alle più svariate tipologie di oggetti (dagli elettrodomestici alle auto) porta: alla rilevazione costante di dati grazie ad appositi sensori presenti sui differenti device; allo scambio ed al monitoraggio e gestione degli stessi da remoto. Scopo ultimo di questa tecnologia emergente, considerabile come una tra le più promettenti del XXI secolo, è quello di creare ambienti di vita maggiormente efficienti ed intelligenti ad uso e consumo dell’uomo. Si evince dunque che le applicazioni del cosiddetto Internet of Things possono essere molteplici e solo recentemente si sta iniziando a sfruttarle appieno. Spiccano tra i tanti il settore della domotica, dei trasporti, della logistica, della medicina e moltissimi altri ambiti. Alcuni esempi sono rintracciabili nella presenza di sensori posizionati in strada per la raccolta di dati sul traffico, sull’inquinamento o sulla sicurezza, i quali vengono utilizzati per ottimizzare la qualità della vita del cittadino.
Origini e sviluppo dell’Internet of things
La paternità della definizione di Internet of Things è attribuita a Kevin Aston, ingegnere e direttore di un consorzio di ricerca con sede alla Massachusetts Institute of Technology di Cambridge. Nel 1999 ebbe un’intuizione in merito alla necessità di creare una connessione tra i sistemi informativi della rete di vendita dei negozi fisici ed i loro magazzini per lo stoccaggio merce. In questi termini fu lampante la necessità di bypassare il rischio di errori umani generati da operatori che facevano a mano l’inventario, delegando a computer e macchinari la raccolta dei dati in maniera più efficiente.
Al netto di questa brillante intuizione, l’espansione globale dell’Internet of Things la si deve allo sviluppo tecnologico della sensoristica, disciplina che si occupa della creazione di sensori. Come anticipato, questi ultimi consentono di rilevare informazioni e di trasformarle in dati di tipo digitale che possono essere comunicati attraverso Internet in molteplici modi (in primis attraverso tag RFID, poi schede SIM e recentemente via WI FI).
Ripensare il mondo che conosciamo
In linea con quanto detto, è evidente la necessità di un ripensamento generale del mondo in cui viviamo: a partire dal nostro rapporto con gli oggetti, per arrivare poi all’evoluzione degli ambienti stessi che abitiamo e che si trasformano in qualcosa di più che luoghi fisici dove vivere la quotidianità. I cosiddetti smart objects – “incarnazione” dell’IoT spesso vissuti come indispensabili gadget hi tech – stanno modificando le nostre pratiche di consumo e conseguentemente il nostro stile di vita. Nell’ambito della domotica le applicazioni dell’IoT sono molteplici. Nelle cosiddette case intelligenti è possibile avere il controllo di una serie di dispositivi connessi da remoto, attraverso i quali controllare l’illuminazione, attivare degli elettrodomestici, o regolare la temperatura delle camere prima di arrivare a casa. È possibile, ad esempio, che l’automobile del padrone di casa, entrando dal cancello, invii agli elettrodomestici un segnale di attivazione, accendendo le luci nel box e avviando la cottura della cena nel microonde; oppure che la sveglia dello smartphone, suonando al mattino, attivi anche la macchina del caffè e il tostapane per la colazione. Interfacciandosi con il controllo del traffico, poi, la sveglia potrebbe decidere autonomamente di suonare un po’ prima in caso di traffico particolarmente intenso, di neve o di lavori in corso sul percorso abituale verso il lavoro. In questa luce è innegabile che l’Internet of Things sarà (ed in parte è già) in grado di cambiare in modo radicale la vita quotidiana di tutti, grazie ad oggetti sempre più intelligenti e in grado di prendere da soli molte decisioni. In riferimento a tali pratiche, una menzione speciale va alla potenziale ricaduta ambientalista che esse comportano. Il risparmio di tempo (e spesso di denaro) veicolato da questo tipo di tecnologia permette intrinsecamente di evitare su larga scala sprechi inutili. Alcuni dispositivi IoT consentono di monitorare i consumi elettrici dei singoli elettrodomestici e i consumi complessivi della casa, permettendo altresì di identificare abitudini di utilizzo scorrette, o che comportano spese inutili. Se queste cose sono già presenti ed utilizzate da tutti, in diversa scala, all’interno delle proprie case, è verosimile pensare che l’IoT possa essere applicato più in larga scala (come già viene fatto) in maniera sempre più massiva e funzionale: è lecito pensare che possa essere tenuto in considerazione anche nei progetti di rigenerazione urbana, andando a fornire un ulteriore strumento per riqualificare ambienti degradati. A tale proposito, alcune sperimentazioni sono già state fatte sul suolo italiano, sfruttando i bandi europei messi a disposizione per le smart cities (ad esempio il progetto “Dare” di Ravenna). L’impatto che può avere l’IoT sul territorio può essere di due tipi. La prima tipologia di impatto è diretto, e quindi visibile nella pratica quotidiana dell’individuo, come la gestione del traffico, o l’efficientamento energetico. La seconda tipologia di impatto è, ovviamente, indiretto: l’utilizzo di strategie smart legate all’IoT dovrebbe, almeno in linea teorica, portare al risparmio di risorse in termini di tempo e denaro; risorse che, soprattutto nel caso di amministrazioni comunali, possono essere poi successivamente reinvestite dove ritenuto più opportuno.
Presente e futuro dell’IoT
Settore in fortissima espansione, l’IoT non rappresenta una tecnologia futuristica degna di un film distopico, bensì una realtà concreta e sempre più diffusa nella nostra società. E’ sempre necessario tuttavia fare una riflessione etica sulla cosa. Parallelamente alla comodità e all’accessibilità offerte dall’IoT, si sono sviluppati anche alcuni rischi: uno dei principali è rappresentato dalla minaccia per la privacy e la sicurezza di dati personali. Come detto, questa tecnologia si basa sulla possibilità di rilevare ed elaborare una grande quantità di dati, tra cui anche quelli personali. L’elevato e sempre crescente numero di dispositivi che raccolgono informazioni porta l’aumento del rischio che questi ultimi finiscano in mani sbagliate e vengano utilizzati in modo improprio. Ne deriva dunque la fondamentale importanza di adottare un pensiero critico diffuso nell’utilizzo dell’IoT e più genericamente del digitale, analizzando e valutando in modo critico le informazioni che ricevono, le fonti da cui esse provengono e, da ultimo, le implicazioni delle loro azioni. Giusto per fare un esempio, sarà capitato a tutti di attivare in modo involontario l’assistente vocale del telefono (o assistenti di casa), oppure di parlare di un argomento e vedere subito sul nostro telefono pubblicità inerenti a tali discorsi. Tutto ciò può risultare inquietante per certi aspetti, ma è giusto sapere ed essere consapevoli di come questi strumenti funzionano e che implicazioni possono avere, nel bene o nel male, sulle nostre vite di tutti i giorni.