La comunità dei miracoli
Di MARTA PISACANE
Storica dell’arte. Guida Turistica della Regione Campania dal 2011. Dal 2008 collabora con la Cooperativa Sociale La Paranza nel Quartiere Sanità.
Il Rione Sanità è un quartiere che storicamente nasce fuori le mura dell’antica città di Napoli, su quell’area che, a partire dalle sue origine greche, era deputata ad accogliere i morti della sua storia. Ancora oggi, sotto i palazzi e le case umili, ci sono ipogei, sepolture e ossari che ci ricordano questa funzione assolta dai luoghi verdeggianti ed ameni quali essi certamente furono nel passato remoto di Napoli. A suggellare l’identità del quartiere si aggiunge la presenza di tre complessi catacombali di grandissima importanza nella storia della prima età cristiana di Napoli, dove giunsero le spoglie mortali di tre rappresentanti del nascente culto cristiano: San Gennaro, San Gaudioso e San Severo.
Come se questo territorio al di fuori del circuito cittadino avesse assunto fin dalle sue origini il senso di un ricovero, di un posto dove collocare chi e cosa per svariate ragioni in città non poteva stare, i morti ma anche i perseguitati, le comunità minori, i diversi, configurandosi come un luogo che accoglie chi cerca asilo, che si apre a chi fugge. Un aspetto identitario fortissimo che ancora racconta il rione e dallo stesso rione è a sua volta raccontato. Nello straordinario “Presepe favoloso” che i fratelli Scuotto hanno realizzato ed esposto nella chiesa di Santa Maria della Sanità, c’è un angelo con la pelle nera che incornicia insieme agli altri la nascita di Gesù. Le strade, i vicoli, il presepe, le catacombe raccontano il tema dell’inclusione, dell’integrazione della diversità. Solo a partire dal 500, dal complesso religioso domenicano comincerà l’urbanizzazione dell’area che le fonti ci raccontano esser stata ricca di orti e giardini. Molti aristocratici costruiranno le loro sontuose dimore in questo luogo scelto proprio per i suoi requisiti di bellezza, tranquillità, salubrità. Ancora oggi il Rione Sanità racchiude testimonianze prestigiose dell’architettura napoletana del Settecento, come Palazzo Sanfelice e Palazzo dello Spagnolo. A seguire, il periodo borbonico e la creazione della Reggia di Capodimonte, che spinse i viaggiatori del Grand Tour ad attraversare tutta l’area, passaggio obbligato per raggiungere la sommità della collina dove si trovava la Reggia. Dopo, nel decennio francese, venne costruito il famoso ponte proprio per facilitare la raggiungibilità della collina da parte di reali e corte che, così, non sarebbero stati più costretti a muoversi con le carrozze tra strade ripide e scoscese. Il ponte tuttavia isolò completamente questo pezzo di territorio di fronte Napoli che, sempre più, definì le sue misure configurandosi come uno spazio separato dalla città e, in tale separazione, attirò il malaffare, l’illecito, le scelleratezze di un popolo accanito nei bisogni e dalla miseria. Comincia così la storia triste, l’isolamento e l’abbandono di chi vi abita. Il ponte che concretamente ha distrutto con i suoi piloni quanto di pregiato vi era all’interno, effetto di un azione architettonica violenta e decontestualizzata di marca francese, è l’inizio di una storia drammatica, riscattata oggi dall’azione rigeneratrice di un progetto sociale che ha ridato vita e previsione di futuro ad una intera comunità. La Sanità di Napoli è un quartiere densamente popolato che riflette quella naturale tendenza alla città che hanno espresso tanti borghi o villaggi poi diventati quartieri densi e con delle proprie caratterizzazioni, come racconta la storia dell’espansione di questo tessuto cittadino. Anzi, gli studi di geografia urbana sottolineano come lo sviluppo della città sia avvenuto per strappi o salti proprio per la difficoltà di uniformare in un unico tessuto realtà diverse per storia, identità, funzioni ed elementi orografici. La storia dell’accrescimento urbano di Napoli ha mostrato un procedere frammentario, come se potesse parlarsi di una città fatta di tante significative piccole città. Questa tendenza, che ha appunto spiegazioni precise, è utile perché aiuta a identificare la Sanità come un’area con requisiti specifici che, nel confronto con il centro antico e monumentale, ha assolto una funzione appunto legata alla sepoltura e che poi – per le vicende prima esposte – ha assunto una connotazione negativa, di quartiere non periferico, ma degradato e malfamato. Da questo quartiere e dalla comunità di Padre Antonio Loffredo, parroco di Santa Maria della Sanità, provengono i giovani che nel 2006 hanno dato vita alla Cooperativa sociale La Paranza.
E’ in questo gruppo che comincia un lavoro di formazione e crescita, di acquisizione della consapevolezza della propria storia, dell’identità del proprio quartiere; comincia e si incrementa il senso di appartenenza, il bisogno di cambiare, l’idea di un progetto allargato per la prima volta sul quartiere. Poco dopo, i primi frutti sono state le aperture delle catacombe, prima di San Gaudioso e poi di San Gennaro, fino ad allora visibili solo attraverso quelle figure infrangibili di conoscitori locali che hanno sempre un ruolo fondamentale per accedere ai luoghi di non facile accesso nei territori ostici, o dimenticati. Da qui si sono allargate le reti sociali, con il coinvolgimento di tutte le forze territoriali per produrre e fornire servizi, manutenzione e gestione ai siti. Solo tre anni dopo, nel 2009, nella Basilica di San Gennaro extra moenia, costruita a ridosso delle catacombe, si apriva – dopo una imbarazzante storia di deposito durata quasi mezzo secolo – la porta che metteva in comunicazione la chiesa con la strada e, quindi, con il quartiere. Con un evento intitolato “San Gennaro Extra Moenia: una porta dal passato al futuro”, quella porta di chiesa chiusa da anni si riapriva e ciò voleva dire una cosa portentosa in città: i napoletani avrebbero potuto nuovamente fare quello che si faceva nel V sec d.C. cioè attraversare tutto il rione e giungere dal vallone dei Vergini alle Catacombe. I fedeli, sulle reliquie di San Gennaro lì raccolte, avrebbero potuto chiedere una grazia, o fare una preghiera. Napoli nel 2009 si riappropriava di tanto: di un quartiere che avrebbe potuto ripercorrere; di un percorso antico chiamato il miglio sacro che metteva in rete i luoghi della storia di San Gennaro; di una devozione cristiana; di un’identità. E’ stato l’inizio di un percorso inarrestabile che ha reso questi siti ancora accessibili: sono state create biglietterie e bookshop; abbattute le barriere per favorire l’accesso alle varie disabilità; avviati i restauri; sono state incluse le cooperative sociali del territorio per equipaggiare il sito di strumenti di fruizione – dalle luci alle scale – perché, quando si visitano le catacombe, si entra in una collina tufacea nella quale le antiche comunità crearono dei luoghi di riunione per officiare i culti del proprio tempo, probabilmente prima delle sepolture. Dal 2009 la città si è riappropriata di un pezzo importante non solo della propria storia religiosa, di un contenuto culturale potentissimo ed originario, ma anche di un contenitore, il Rione Sanità, da allora oggetto di una trasformazione operata dai suoi stessi cittadini: di una rigenerazione in grado di incidere allo stesso modo sui muri dei palazzi come sulle teste delle persone. C’è sempre un filo che lega l’uomo al suo contesto, che mette in relazione i luoghi con chi li abita.
Lavorare sulla trasformazione di un quartiere dovrebbe significare, come in questo caso, agire dal basso e dall’interno, partendo dalle persone della sua comunità ma anche, secondo un principio osmotico, intervenire sui luoghi: abbellendoli, modificandone le destinazioni d’uso, o semplicemente introducendo funzioni in luoghi che ne sono privi. Rigenerare un luogo significa agire sugli uomini che ne fruiscono, sul loro spazio mentale, sulla capacità di guardare in prospettiva e immaginarsi nel futuro. Lungo la strada che dalle Catacombe di San Gennaro conduce al mercato dei Vergini, si incontra una chiesa del Settecento dove, nel 2013, è nato un teatro. Un gruppo di giovani attori diretti da Mario Gelardi ha cominciato a formare i giovani ai mestieri teatrali e alla gestione del teatro che, in un quartiere dove è ancora alta la dispersione scolastica e la disoccupazione, è diventato un riferimento estremamente significativo: un teatro di comunità all’interno di una chiesa chiusa e scordata, come tante ce ne sono a Napoli.
Al civico 109 di via Santa Maria Antesaecula, sempre nel quartiere Sanità, nasceva nel 1898 il principe Antonio de Curtis in arte Totò e il quartiere lo ricorda in tante strade: nei murales come quello su un palazzo di via Arena alla Sanità, dove Totò è insieme a Peppino De Filippo; nelle immaginette collocate negli angoli più disparati; o nel volto di una statua che, a mezzo busto, decora il cornicione del piano di terra di un palazzo unico del nostro 700. Un’attestazione di affetto e riconoscimento verso chi ci ricorda che il teatro è parte della nostra cultura e che Totò, partendo da questi “vicoli della fame”, ce l’ha fatta, riscattando un’origine e l’immagine di un contesto.
II movimento di rinascita è partito da una comunità di giovani e si è esteso ad un quartiere intero: dalle Catacombe e dai siti di interesse storico artistico, è uscito fuori nelle strade, inglobando associazioni e cooperative che da anni lavorano in questo territorio, così come i commercianti che si sono messi in rete. Questa operazione, diventata sempre più urbana, ha attirato artisti e imprenditori che, sull’onda di un movimento ancora in corso, hanno portato progetti, istallazioni, attività. Quando il quartiere cominciò a raccontare una storia diversa dal suo passato, molti street artists hanno cominciato ad interessarsi a quanto stava avvenendo, realizzando murales e stickers pieni di messaggi culturali, simboli e volti della tradizione e di colore, lì dove il colore non c’era mai stato. Tono Cruz, Francisco Bosoletti, Antonio Cotecchia hanno portato sulle facciate degradate di palazzi e stabili, immagini di storie, racconti dei volti e dei temi di un quartiere e della sua città. Di fronte alla chiesa di Santa Maria della Sanità, c’è un palazzo al centro della cui facciata campeggia una circonferenza bianca, che sembra la luce proiettata da un occhio di bue cinematografico: all’interno di questa luce hanno trovato spazio proprio i volti dei bambini di strada che avevano assistito curiosi a quelle realizzazioni, a ciò che di nuovo capitava nel loro quartiere avulso e refrattario ai cambiamenti. Si tratta del murales di Tono Cruz. I bambini da lui rappresentati sono parte integrante di un messaggio di speranza che, in un quartiere di ombre e abbandoni, non poteva che avere il colore ed il titolo di “Luce”. Il contrasto del bianco che si oppone allo scuro della facciata, racconta di questo intervento dal basso, di questa azione che è diventata visione di un futuro. Parte integrante di questo progetto di rigenerazione è il Museo di Jago nella chiesa di S’Aspreno ai Cruciferi, inaugurato il 24 maggio 2023. Lo scultore, le cui istallazioni napoletane hanno già fatto parlare tanto di lui, ha aperto alcuni anni fa nella chiesa il suo laboratorio ora diventato non solo museo, ma anche punto di accoglienza all’ingresso del quartiere, in rete con tutti gli altri siti.
Nonostante l’inarrestabilità di questo processo, che continua a strappare nuovi luoghi al degrado e alle chiusure del rione e che non poteva non determinare l’interesse della città e dei visitatori italiani e stranieri, il Rione Sanità è uno dei quartieri più integri e originari della città tutta, dove il turismo – per quanto presente – non sembra mai in grado di alterare la temperatura, il carattere, l’identità di questo tessuto che sempre emerge e si impone. Ciò che ha reso possibile questo straordinario movimento di rinascita, iniziato da Padre Antonio Loffredo, è stata un’azione che, dal basso, ha cominciato a muovere persone e iniziative nel rispetto dell’identità e della vocazione di quei luoghi che – solo se riconosciute – possono favorire, come dimostra la recente storia del Rione Sanità, importanti aperture e inaspettati cambiamenti.
Bibliografia
Antonio Loffredo, Noi del Rione Sanità, Mondadori, 2013.
Umberto M. Fasola, Le Catacombe di San Gennaro a Capodimonte, Editalia, 1974.
Lilia Pagano, Periferie di Napoli, Electa Napoli, 2001.
Marc Augé, Non Luoghi, Elèuthera, 2018.