Depressione giovanile: cosa sta cambiando?

Di REBECCA CONTI

Secondo l’Istat, nel 2050 si stima che la depressione sarà la seconda causa di disabilità al mondo. Secondo un report dell’OMS del 2021, a livello globale 1 adolescente su 7 soffre di depressione maggiore. In Italia, in particolare, le statistiche salgono ad 1 su 4.

La salute mentale tra i giovani – e più generalmente il disagio – è un tema oggi molto attuale, dibattuto e anche protagonista della ricerca scientifica, seppur quest’ultima per lo più non si occupi di individuarne la causa. Negli ultimi anni dunque, sulla salute mentale si è assistito ad un aumento di consapevolezza e ad una presa di coscienza.

Come sappiamo, la pandemia non è stata un’alleata degli adolescenti italiani: il lockdown ha esacerbato i vissuti di solitudine già presenti e ha creato un senso di isolamento – riscontrabile oggi, a pandemia superata – anche in chi godeva di buone relazioni tra pari. Tornando ai numeri, infatti: dopo il Covid, risulta stabile la tendenza alla depressione e il fenomeno dell’auto-esclusione sociale degli Hikikomori.

Da un punto di vista strettamente umano, viene naturale chiedersi che cosa sia cambiato rispetto a prima e perché il mondo giovanile sia permeato da un numero così ampio di ragazzi tristi e a tratti quasi persi. Certamente un tema significativo su cui vale la pena porre una riflessione è rappresentato dall’enorme vastità di scelte possibili che ogni giorno i giovani di oggi sono chiamati a fare.

Come spiega Berry Schwartz nel suo saggio “Paradox of Choice”, spesso accade che le infinite possibilità tra cui i giovani possono scegliere, finiscano col metterli in difficoltà tanto da “paralizzarli”. Le grandi ideologie che guidano verso una scelta considerata “sicura” e “moralmente approvata” appaiono sbiadite, e ogni adolescente si trova davanti a numerose strade e ad una libertà quasi sconfinata, oltre che ad un pesante senso di responsabilità.

La consapevolezza di essere i protagonisti del nostro destino è confortante, ma – nel caso in cui capiti di trovarsi in una situazione in cui non ci si vorrebbe trovare – delusione e senso di colpa prendono il sopravvento. Credere di non essere in grado di dare una direzione alla propria vita fa sentire impotenti, sprovvisti di punti di riferimento e con la svilente sensazione di “guardare dalla finestra la propria vita”.

Questo smarrimento in molti casi viene contrastato con una risposta che implica un alto grado di controllo sulla propria vita e quotidianità, o su aspetti specifici di essa. I disturbi del comportamento alimentare, ad esempio, sono una patologia in aumento e, secondo i recenti Ansa, con una prevalenza di quasi 2 milioni di adolescenti.

È possibile un cambio di rotta? Come gli adulti e gli esperti della salute mentale potrebbero rappresentare risorse utili per i ragazzi? Su cosa le istituzioni e i programmi di prevenzione e promozione della salute psicologica potrebbero porre la propria attenzione? Far sentire di nuovo gli adolescenti che vivono un momento di difficoltà padroni della propria vita. Questa azione di empowerment dovrebbe essere caratterizzata dall’individuazione delle aree determinanti della nostra vita che possiamo controllare, così come dalla presa coscienza di quei fattori fuori dal nostro controllo. In senso ampio, sarebbe un segno positivo iniziare a risignificare la libertà di scelta di cui gli adolescenti godono, per evidenziarne i suoi aspetti positivi e generativi di idee ed occasioni di vita. L’esperienza diretta con la vita cesserebbe di essere un banco di prova per verificare o meno il valore della persona, ma rappresenterebbe una fonte preziosa di informazioni. Tutte le esperienze – non solo quelle fallibili, ma anche quelle di esito incerto – rispondono alle nostre domande e dubbi sul come potrebbe essere: indirizzando il nostro agire, discretamente ci spronano dall’immobilità alla sperimentazione.