San Valentino, se tutti fossero come te…

Di PAOLA NAVOTTI

Quando si è tristi, un giorno di sole può apparire plumbeo; quando si è innamorati, un giorno di nebbia può apparire luminoso. Non si tratta di allucinazioni, ma di come è fatto ogni essere umano: capace di guardare e conoscere la realtà non in modo neutro, ma solo a partire dai propri sentimenti. Seppur questi ultimi abbiano bisogno di essere razionalizzati, orientati, a volte perfino moderati, la nostra conoscenza parte da qui, dalle emozioni che, come fossero scintille, accendono il motore di quella facoltà razionale che ci contraddistingue fra tutti gli esseri viventi. Nei giovani, tali scintille sembrano fuochi d’artificio e tante volte, come adulti, se ne ha un po’ timore. Non si sa bene come gestirle e il rischio è sottovalutarle, minimizzarle, passarci sopra. Per vigilare affinché ciò non accada, è necessario attrezzarsi: non necessariamente con una laurea specialistica, ma scegliendo di condividere la propria esperienza con altri che l’hanno vissuta, che la vivono e che possono supportarci nelle azioni più efficaci, più vere e più giuste, da mettere in atto. La storia di San Valentino, vescovo di Terni morto martire il 14 febbraio dell’anno 273, lo testimonia. Fonti storiche e narrazioni leggendarie raccontano che Sabino, centurione romano e pagano, si era innamorato della cristiana Serapia e, per amore di lei, si sarebbe convertito. Serapia si ammalò di tisi, morbo all’epoca incurabile, e al suo capezzale Sabino chiamò il vescovo Valentino, chiedendogli di celebrare le nozze e di pregare per l’eternità del loro amore. I due morirono abbracciati e in un sarcofago ritrovato a Pentima, vicino Terni, sono stati rinvenuti proprio due scheletri stretti l’un l’altro. Una leggenda racconta anche che, vedendo due fidanzati litigare, il vescovo Valentino si sarebbe messo a pregare per la loro riconciliazione e il cielo si sarebbe riempito di coppie di colombi che tubavano volteggiando sopra i due amanti. Tanto che l’espressione “piccioncini”, riferita agli innamorati, si ipotizza derivi anche da questo leggendario miracolo.

Pur nella parziale storicità di quanto giunto sino a noi, la storia del vescovo Valentino suggerisce che chi si coinvolge con i sentimenti degli altri, si immedesima e, in qualche modo, se ne fa carico, lascia un segno indelebile. Dovremmo essere, da questo punto di vista, tutti “valentini”, cioè disposti a guardare e custodire i sentimenti degli altri, senza aver timore di prenderne affettivamente il peso, o la responsabilità.