Etica e Intelligenza Artificiale: opportunità e sfide per il sistema educativo del futuro

Di BRUNO LORENZO CASTROVINCI
Pedagogista, scrittore, saggista, pubblicista e Dirigente Scolastico presso l’Istituto Tecnico Tecnologico “Ettore Majorana” di Milazzo.

 

 

Nuove scoperte e innovazioni segnano l’alba di una nuova era, trasformando radicalmente il presente che viviamo, un presente plasmato da una rivoluzione tecnologica senza precedenti. L’intelligenza artificiale, la robotica e le tecnologie digitali stanno ridefinendo non solo le abitudini quotidiane, ma anche i valori e le prospettive delle future generazioni. In questo contesto, la scuola emerge ancora una volta come l’architrave di una società in evoluzione, il luogo deputato alla formazione di cittadini consapevoli, responsabili e preparati ad affrontare le sfide globali.

Protagonista assoluta, l’istituzione scolastica si colloca in prima linea nella costruzione di un futuro sostenibile ed equo, fondato su valori etici solidi e universali. La scuola non è solo un laboratorio di conoscenze, ma anche un baluardo contro le discriminazioni di ogni tipo: sociali, religiose o di genere. In essa si costruisce una visione del mondo in cui tutti gli uomini possano essere liberi ed eguali, indipendentemente dal loro background o dalle loro condizioni.

Attraverso l’educazione, l’umanità può non solo abbracciare il cambiamento, ma guidarlo con saggezza e responsabilità, tracciando un percorso che unisce tecnologia e umanità, progresso e giustizia sociale. La scuola, cuore pulsante del sapere e dell’etica, continua a rappresentare la chiave per un futuro in cui l’innovazione tecnologica sia al servizio di tutti, senza lasciare nessuno indietro.

L’introduzione dell’intelligenza artificiale (IA) nel sistema educativo, pur rappresentando una rivoluzione senza precedenti, pone questioni etiche di primaria importanza che richiedono un approccio multilaterale. L’UNESCO, in qualità di organizzazione leader nella promozione dell’educazione a livello globale, ha avviato numerose iniziative per affrontare queste sfide in modo responsabile. Tra i documenti fondamentali, la “Raccomandazione sull’Etica dell’Intelligenza Artificiale”, adottata il 24 novembre 2021 durante la 41ª Conferenza Generale di Parigi, rappresenta il primo quadro normativo globale approvato dai 193 Stati membri dell’UNESCO. Questo documento stabilisce principi chiave per uno sviluppo etico dell’IA, con particolare attenzione all’equità, alla trasparenza e al rispetto dei diritti umani.

Nel 2023, l’UNESCO ha pubblicato ulteriori rapporti per affrontare gli sviluppi più recenti dell’IA generativa. A luglio, la Vice Direttrice Generale per l’Educazione, Stefania Giannini, ha presentato il rapporto intitolato “Intelligenza Artificiale Generativa e il Futuro dell’Educazione”, che esamina l’impatto di strumenti avanzati come i chatbot e i modelli linguistici nell’apprendimento. Successivamente, a settembre, è stata rilasciata la “Guida per l’Intelligenza Artificiale Generativa nell’Educazione e nella Ricerca”, che fornisce linee guida per proteggere i dati personali degli studenti e regolare l’uso dell’IA generativa, suggerendo, ad esempio, l’introduzione di un’età minima per accedere a tali tecnologie.

Questi rapporti pongono particolare enfasi sulla necessità di un dialogo collaborativo tra governi, istituzioni educative, aziende tecnologiche e organizzazioni internazionali. Attori di rilievo come Microsoft, Google, e diverse ONG hanno partecipato a tavole rotonde organizzate dall’UNESCO per discutere come promuovere un’IA inclusiva e priva di bias. Uno degli obiettivi principali è garantire che gli strumenti basati su IA non diventino strumenti di esclusione o discriminazione. Questo richiede, tra le altre cose, la creazione di dataset rappresentativi e l’implementazione di sistemi di monitoraggio per individuare e correggere eventuali pregiudizi algoritmici.

Queste iniziative hanno avuto luogo in contesti internazionali di grande rilievo, come il Forum sull’Intelligenza Artificiale e l’Educazione tenutosi a Pechino nel 2019 e il Summit sull’Educazione 2030, organizzato a New York nel settembre 2022, dove l’IA è stata riconosciuta come una delle priorità per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG). Attraverso questi sforzi, l’UNESCO si propone di garantire che l’IA nell’educazione non solo rispetti i principi etici fondamentali, ma contribuisca anche alla creazione di un ecosistema educativo equo, inclusivo e orientato al futuro.

La gestione dei dati e la tutela della privacy
Uno degli aspetti più critici dell’uso dell’IA nell’educazione riguarda la raccolta e l’elaborazione dei dati. Le piattaforme educative basate sull’IA raccolgono enormi quantità di informazioni sugli studenti, dai progressi accademici alle abitudini di apprendimento. Questo solleva domande fondamentali sulla proprietà dei dati e sul loro utilizzo. Chi ha il diritto di accedere a queste informazioni? Come possono essere protette contro usi impropri? L’UNESCO sottolinea l’importanza di stabilire normative globali per la protezione dei dati, richiamando l’attenzione su principi come la trasparenza, la sicurezza e l’uso esclusivo dei dati per scopi educativi.

La collaborazione tra scuole, governi e aziende tecnologiche è essenziale per creare un quadro normativo che salvaguardi la privacy degli studenti. Una governance etica dei dati implica il coinvolgimento di esperti di diritto, tecnologia e pedagogia per sviluppare soluzioni che bilancino l’innovazione con il rispetto dei diritti individuali. Come raccomandato dall’UNESCO, è fondamentale che le famiglie siano informate in modo chiaro e trasparente sull’uso dei dati e che abbiano il diritto di accettare o rifiutare tali pratiche senza ripercussioni.

Il consenso informato e la partecipazione attiva
Il Garante per la protezione dei dati personali ha sottolineato l’importanza del consenso informato nel contesto educativo, specialmente riguardo all’utilizzo dell’intelligenza artificiale (IA). In particolare, il vademecum “La scuola a prova di privacy” affronta le tematiche connesse al trattamento dei dati personali nelle istituzioni scolastiche, fornendo indicazioni su come garantire una gestione corretta e trasparente dei dati degli studenti.

Il Garante evidenzia che le scuole devono rendere noto alle famiglie e agli studenti, attraverso un’adeguata informativa, quali dati raccolgono e come li utilizzano. Questo processo non deve essere una semplice formalità burocratica, ma un’opportunità per promuovere una cultura della consapevolezza digitale. Le istituzioni scolastiche sono chiamate a educare gli studenti sui rischi e le opportunità legate all’uso delle tecnologie, integrando l’etica digitale nei curricula.

Inoltre, il Garante ha affrontato il tema dell’intelligenza artificiale e del suo impatto sulla protezione dei dati personali, sottolineando la necessità di garantire trasparenza e autodeterminazione degli interessati. Questo implica che gli studenti e le loro famiglie siano pienamente consapevoli di come i loro dati vengono raccolti, utilizzati e protetti, specialmente quando si utilizzano sistemi di IA nel contesto educativo.

In sintesi, il Garante per la protezione dei dati personali promuove un approccio educativo che non solo rispetti le normative sulla privacy, ma che formi anche cittadini digitali consapevoli e responsabili, capaci di navigare nel mondo digitale con cognizione dei propri diritti e delle proprie responsabilità.

Bias algoritmici e disuguaglianze
Il problema dei bias algoritmici rappresenta una delle sfide più complesse e rilevanti nell’implementazione dell’intelligenza artificiale in ambito educativo. Gli algoritmi, se addestrati su dataset incompleti, squilibrati o intrinsecamente distorti, possono non solo replicare i pregiudizi presenti nei dati di origine, ma amplificarli, con conseguenze significative sull’accesso equo alle opportunità di apprendimento. Questo fenomeno diventa particolarmente critico nel contesto scolastico, dove le decisioni basate su modelli di IA possono influenzare processi fondamentali come l’ammissione degli studenti, la distribuzione delle risorse educative e la personalizzazione dei percorsi didattici. L’adozione di algoritmi non equi rischia di penalizzare gruppi già marginalizzati, come quelli appartenenti a minoranze etniche, contesti socioeconomici svantaggiati o categorie con esigenze educative speciali, rafforzando disparità sistemiche preesistenti.

Il caso dei sistemi di ammissione automatizzati è emblematico: se l’algoritmo è stato addestrato su dati storici che riflettono pratiche discriminatorie, esso tenderà a replicare tali pregiudizi, favorendo implicitamente candidati provenienti da contesti privilegiati e discriminando coloro che si trovano in condizioni di vulnerabilità. Analogamente, le piattaforme di apprendimento adattivo, progettate per personalizzare i contenuti educativi in base alle esigenze dello studente, possono erogare risorse di qualità inferiore o non adeguate agli studenti appartenenti a determinate categorie, aggravando le difficoltà di apprendimento piuttosto che mitigarle.

Per mitigare tali rischi, è indispensabile adottare un approccio rigoroso e sistematico alla progettazione e al monitoraggio degli algoritmi. È necessaria una continua verifica delle performance dei modelli attraverso metriche che valutino non solo l’efficacia, ma anche l’equità degli output generati. Questo processo deve essere accompagnato da un’analisi critica dei dataset utilizzati per l’addestramento, con particolare attenzione alla rappresentatività della popolazione studentesca e alla diversità dei contesti educativi. La creazione di dataset inclusivi, che tengano conto delle specificità culturali, sociali e demografiche, diventa un requisito imprescindibile per garantire risultati equi e privi di discriminazioni.

Un ulteriore elemento cruciale riguarda la formazione degli sviluppatori e dei responsabili delle implementazioni tecnologiche. È essenziale che chi progetta e utilizza questi sistemi sia adeguatamente sensibilizzato sui rischi etici associati ai bias algoritmici. La promozione di una cultura della responsabilità tecnologica, supportata da una solida conoscenza degli impatti sociali dei modelli di IA, può contribuire a prevenire errori di progettazione che potrebbero compromettere l’equità dei processi educativi.

L’UNESCO, nei suoi più recenti rapporti, ha evidenziato l’urgenza di integrare principi di giustizia sociale e diversità culturale nello sviluppo e nell’applicazione dell’intelligenza artificiale. Queste raccomandazioni sottolineano la necessità di una governance multilaterale che coinvolga istituzioni educative, aziende tecnologiche, governi e organizzazioni internazionali, al fine di garantire che l’IA non diventi un vettore di esclusione, ma uno strumento per promuovere l’inclusione e ridurre le disparità. Solo attraverso un impegno condiviso e un approccio etico rigoroso sarà possibile sfruttare le potenzialità trasformative dell’IA nel settore educativo senza compromettere i valori fondamentali di equità e accesso universale.

IA e apprendimento interattivo
L’introduzione dell’intelligenza artificiale nel contesto educativo, con strumenti come la realtà aumentata, le simulazioni intelligenti e la gamification, ha aperto nuovi orizzonti per rendere l’apprendimento più dinamico, coinvolgente e personalizzato. Tuttavia, nel quadro della pedagogia speciale moderna, è fondamentale considerare non solo le opportunità, ma anche i rischi connessi a un uso non strutturato o eccessivamente tecnocentrico di queste tecnologie.

La pedagogia speciale, come sottolineato da autori quali Florian e Black-Hawkins (2011) nel loro lavoro sull’inclusione differenziata, pone al centro la necessità di progettare esperienze educative che siano accessibili a tutti gli studenti, indipendentemente dalle loro abilità o bisogni specifici. In quest’ottica, l’IA può svolgere un ruolo cruciale, consentendo la creazione di percorsi didattici adattivi che rispondano alle esigenze individuali, ma deve essere guidata da principi pedagogici solidi. Vygotskij, nella sua teoria della “zona di sviluppo prossimale”, sottolinea l’importanza dell’interazione mediata per l’apprendimento: le tecnologie, quindi, non possono sostituire la guida dell’insegnante, ma devono agire come strumenti che potenziano il dialogo educativo e la costruzione sociale del sapere.

Autori contemporanei come Brynjolfsson e McAfee (2014) evidenziano che, per quanto l’IA possa migliorare l’accessibilità e l’interattività dell’apprendimento, esiste il rischio di promuovere un sapere frammentario o superficiale, se non inserita in un quadro pedagogico coerente. Questo rischio è particolarmente rilevante nella pedagogia speciale, dove lo sviluppo delle competenze cognitive, relazionali ed emotive degli studenti richiede una progettazione accurata che bilanci l’interattività tecnologica con pratiche educative significative.

L’UNESCO, in linea con il pensiero di Mezirow (1991) sulla trasformazione dell’apprendimento, avverte che l’adozione di tecnologie educative avanzate deve essere integrata con l’obiettivo di sviluppare competenze critiche e riflessive. Per esempio, la gamification e la realtà aumentata possono catturare l’attenzione degli studenti e migliorare l’engagement, ma senza una guida pedagogica rischiano di ridursi a esperienze puramente ludiche. Questo è particolarmente pericoloso per gli studenti con bisogni educativi speciali, che necessitano di strumenti strutturati e significativi per sviluppare competenze fondamentali.

Gli educatori, quindi, devono essere formati a un uso consapevole dell’IA, in modo da trasformare questi strumenti in leve per il miglioramento del pensiero critico e della comprensione profonda. Mario Polito, esperto di neuroscienze educative, sottolinea che le tecnologie possono ampliare la capacità di attenzione e memoria degli studenti solo se inserite in un contesto educativo che favorisca la metacognizione e la riflessione attiva. Inoltre, Polito insiste sull’importanza di integrare l’uso delle tecnologie con metodologie che sviluppino le soft skills e l’empatia, due elementi chiave della pedagogia speciale.

In conclusione, l’IA deve essere vista non come un fine, ma come uno strumento al servizio della pedagogia, capace di rafforzare l’apprendimento inclusivo e personalizzato. Solo attraverso un approccio bilanciato, che unisca innovazione tecnologica e solide basi pedagogiche, sarà possibile trasformare l’educazione in uno spazio di crescita equo e sostenibile per tutti gli studenti.


Un futuro condiviso: etica e inclusione
Il rapporto tra tecnologia e società è una lente essenziale per comprendere i mutamenti della contemporaneità. Zygmunt Bauman e Edgar Morin, pur non avendo affrontato direttamente l’intelligenza artificiale, ci offrono strumenti intellettuali per analizzare il suo impatto. Bauman, con il concetto di modernità liquida, descrive una società in cui le relazioni, le identità e le istituzioni sono in continua trasformazione. In che modo l’IA, che accelera la personalizzazione e introduce nuove modalità di interazione, si inserisce in questo quadro? Rischia di frammentare ulteriormente le relazioni sociali o può, se eticamente governata, diventare uno strumento per costruire coesione e rafforzare le reti comunitarie? La risposta risiede nell’intenzionalità con cui questa tecnologia viene progettata e utilizzata.

Morin, nella sua teoria della complessità, ci invita a superare la frammentazione del sapere e ad adottare una visione olistica. L’IA, allora, può essere considerata parte di un sistema globale che connette individuo, società e ambiente. Ma può una tecnologia creata per ottimizzare processi lineari abbracciare la complessità delle relazioni umane? Morin ci avverte che non basta integrare l’IA nell’educazione; occorre farlo nel rispetto delle interconnessioni che definiscono la realtà umana. La sua visione apre alla domanda: come possiamo garantire che l’IA non riduca l’apprendimento a un processo tecnico, ma lo arricchisca di significato, relazioni e umanità? La risposta richiede una progettazione che non sacrifichi il valore dell’interazione umana.

Autori contemporanei offrono riflessioni preziose per affrontare queste questioni. Luciano Floridi, nella sua Etica dell’intelligenza artificiale, pone al centro il bene comune, affermando che l’IA deve migliorare la qualità della vita. Se l’IA è uno strumento, come possiamo assicurarci che i principi etici siano incorporati nella sua progettazione fin dalle fondamenta? Floridi risponde invitandoci a considerare l’etica non come un’aggiunta, ma come una guida imprescindibile.

Mark Coeckelbergh, in AI Ethics, introduce l’idea di un’etica relazionale. In un contesto in cui la tecnologia rischia di isolarci, come possiamo promuovere un uso dell’IA che rafforzi le connessioni sociali? La sua risposta si basa su una responsabilità condivisa, dove sviluppatori, educatori e decisori politici collaborano per garantire che la tecnologia non diventi un fine, ma un mezzo per la giustizia sociale.

Nick Bostrom, con Superintelligence: Paths, Dangers, Strategies, sposta lo sguardo sul futuro, sollevando una domanda cruciale: quali rischi comporta un’IA che superi l’intelligenza umana? La sua analisi evidenzia l’importanza di una governance globale che prevenga scenari distopici e che metta al centro la sostenibilità e il controllo umano.

Paolo Benanti, in Human in the Loop, introduce il concetto di “algoretica”, sottolineando che gli algoritmi non devono essere neutrali. Qual è il ruolo dell’umano in un mondo sempre più governato da decisioni automatizzate? Benanti risponde proponendo una centralità dell’uomo, che deve essere il nodo principale delle scelte tecnologiche, ricordandoci che ogni decisione automatizzata ha un impatto etico e sociale.

Questi pensatori, pur con approcci differenti, convergono su un punto fondamentale: l’intelligenza artificiale deve essere al servizio dell’umanità. Come possiamo garantire che una tecnologia così potente non rafforzi le disuguaglianze, ma promuova un’educazione più inclusiva e giusta? La risposta risiede in un impegno collettivo che integri filosofia, etica e politica, riconoscendo che l’IA non è solo uno strumento tecnologico, ma una forza che può plasmare il futuro delle società. L’eredità di Bauman e Morin, arricchita dalle riflessioni contemporanee, diventa allora una guida per affrontare le sfide di una tecnologia che, nella sua complessità, deve rimanere ancorata ai valori fondamentali dell’umanità.

Conclusione
Le potenzialità dell’intelligenza artificiale nell’educazione sono sconfinati orizzonti che si stagliano davanti a noi, promettendo di trasformare radicalmente il modo in cui impariamo, insegniamo, costruiamo conoscenza. Eppure, questo straordinario potenziale si accompagna a una sfida epocale: preservare l’umano al centro di un progresso che rischia di smarrirsi nell’efficienza della macchina. Come sottolinea l’UNESCO, il futuro dell’educazione non sarà un trionfo esclusivamente tecnologico, ma una sintesi profonda tra innovazione e umanità, dove i valori di equità, inclusione e responsabilità guideranno ogni scelta.

Ecco il paradosso del nostro tempo: mai come oggi la tecnologia ci ha connessi, mai come oggi siamo soli. La società liquida di Bauman ci ha abituati a legami effimeri, a relazioni frammentate, e l’IA, con i suoi avatar e i suoi futuri androidi, rischia di amplificare questa deriva. È il canto delle sirene di un mondo virtuale che seduce con la promessa di presenze perfette, prive di imperfezioni, di conflitti, di complessità. Ma che ne è del calore di un abbraccio, della forza di uno sguardo condiviso, dell’imprevedibilità di una risata che nasce da un errore umano?

La scuola è l’antidoto, il luogo dove l’umanità non solo resiste, ma si rigenera. Le classi, microcosmi di relazioni, sono il teatro di quel miracolo quotidiano fatto di sorrisi, di errori, di momenti di empatia e di sfide condivise. La scuola non è un algoritmo, ma una danza di interazioni imprevedibili, dove l’umanità si fa tangibile. Deve essere questo il baluardo contro l’isolamento crescente, contro la tentazione di rifugiarsi in un mondo virtuale che non può abbracciare né consolare, che ci illude di essere connessi mentre ci separa.

L’educazione ha il compito di guidare i giovani a immergersi nella complessità del reale. La realtà, con la sua imprevedibilità, è molto più affascinante del virtuale, ancora limitato alle sensazioni della vista e dell’udito, dove tatto, olfatto, gusto sono assenti, dove l’esperienza sensoriale è mutilata, dove i sogni non sono che simulacri. La scuola deve insegnare a sentire il mondo, non solo a osservarlo. Deve insegnare a toccare la corteccia di un albero, a percepire la rugosità della realtà, a innamorarsi delle sfumature del presente.

E allora l’intelligenza artificiale non sarà il rifugio dall’umanità, ma un alleato per amplificarne il potenziale. Non un surrogato del reale, ma uno strumento per comprenderlo meglio, per approfondirne la bellezza. La scuola, con la sua capacità di formare cittadini del mondo, deve essere il laboratorio dove questa sintesi tra tecnologia e umanità si compie. Deve assumere il ruolo di un sistema di riferimento che orienti con precisione il percorso educativo, guidando le nuove generazioni verso un’esistenza che non solo riconosca la complessità, ma la accolga come un processo dinamico di costruzione di significati e un’intersezione fertile di prospettive molteplici.

È questo il compito che ci attende: non solo integrare l’intelligenza artificiale, ma plasmarla per servire l’umano, per valorizzare l’irriducibile unicità di ogni individuo, per costruire un mondo dove la tecnologia non ci separi, ma ci unisca. Questo è il futuro che dobbiamo coltivare come un terreno fertile, il futuro che dobbiamo costruire con le fondamenta della conoscenza e i pilastri dell’etica, il futuro che dobbiamo immaginare come una scuola di vita, per guidare le nuove generazioni verso il bene più alto: una felicità consapevole, radicata nell’apprendimento, nella relazione e nella crescita condivisa.