DeepSeek (alternativa cinese a ChatGpt) ci riguarda da vicino…
L’Intelligenza Artificiale continua a far parlare di sè, tanto che, a soli 2 mesi dall’inizio del 2025, si registrano già due grosse notizie. La prima è stata resa nota dalla Bbc: Alphabet, società statunitense madre di Google, ha revocato il divieto di utilizzo dell’IA per lo sviluppo di armi e strumenti di sorveglianza, motivando tale decisione con lo scopo di garantire la sicurezza nazionale. La seconda notizia – annunciata ovunque e sulla quale ci sembra utile soffermarsi – è la diatriba tra Open AI e DeepSeek, start up cinese fondata nel 2023. A gennaio 2025, quest’ultima ha incuriosito tutto il mondo con DeepSeek-R1: un modello di chatbot capace di risolvere problemi complessi con costi molto più bassi rispetto a quelli dei rivali occidentali. Infatti: per l’addestramento di ChatGPT3, OpenAi avrebbe dichiarato un costo di oltre 100 milioni di dollari; per addestrare R1, DeepSeek avrebbe investito solo 5 milioni di dollari.
Se è possibile spendere il 90% in meno per “allenare” un’Intelligenza Artificiale, chi spende di più sta buttando via i propri soldi…? Questo dubbio ha evidentemente impanicato sia il mercato (in Cina e negli Stati Uniti, R1 è stato scaricato da più utenti rispetto a quanti hanno scelto il re del settore, cioè ChatGPT), sia Wall Street (che il 27 gennaio ha registrato un crollo dei titoli dei colossi occidentali di IA).
Nel frattempo: Open Ai ha accusato DeepSeek di aver copiato il modello di ChatGpt – violandone il copyright – e così, a seguito di indagini dei garanti della privacy, R1 è già sparito dagli App Store italiani, francesi e sudcoreani. La Corea del Sud, peraltro, teme che Kim Jong Un, dittatore della Repubblica Popolare della Corea del Nord, voglia sfruttare il nuovo chatbot per potenziare le proprie operazioni militari.
Ora, perché questa vicenda non riguarda solo gli esperti informatici e finanziari, ma ognuno di noi? Perché non possiamo sottovalutare l’importanza di documentarci su come funzionano quei chatbot che continuano ad essere annunciati. Stando ancora su DeepSeek-R1: quando gli è stato chiesto cosa era successo in piazza Tienanmen nel giugno 1989, questo chatbot ha risposto che tale domanda andava oltre il proprio ambito e che preferiva parlare di qualcosa d’altro, facendo evidentemente intendere di essere condizionato dalle leggi sulla censura presenti in Cina.
E’ davvero fondamentale la nostra responsabilità, anche se non è facile esercitarla. Non è facile perché si tratta di entrare nel merito di tecnicismi poco immediati: comprensibili solo se qualcuno riesce a semplificarne il linguaggio. In ambito italiano, gli interlocutori per capirne di più ci sono: sia in ambito istituzionale (per esempio l’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, il cui report 2024 è stato reso recentemente noto dalla Camera dei Deputati); sia in ambito privato o associazionistico (basti pensare all’Osservatorio Nazionale Minori e Intelligenza Artificiale, nato nel 2024 nel piccolo borgo calabrese di Torre di Ruggiero); sia in ambito formativo (basti pensare, molto vicino a noi, a Stripes Digitus Lab, Centro internazionale di ricerca e innovazione sulla robotica educativa e le tecnologie digitali, nato nel 2016).
Se nel 2022 – fondamentalmente con ChatGpt – l’Intelligenza Artificiale è diventata generativa, capace cioè di “generare” contenuti a partire da calcoli di probabilità dei dati a disposizione sul web; nel 2025 tocca a noi umani andare più veloci… più determinati cioè ad acquisire le informazioni adeguate per orientarsi in quel mare magnum di chatbot che sta avanzando.