Shiri Bibas (32 anni), Ariel (4 anni), Kfir (9 mesi), Oded (86 anni). Mai più stragi di innocenti.

A cura della Redazione

Di scene strazianti nella guerra di Gaza se ne sono viste tante, da una parte e dall’altra della barricata, ma ciò che è accaduto il 20 febbraio 2025 a Khan Younis (città palestinese nel sud della Striscia di Gaza), è macabro, oltre che atroce. Le scene raccapriccianti di solito si guardano di sfuggita, per l’effetto emotivo che provocano, ma in questo caso sarebbe importante fissare i particolari nella memoria: per non avere mai dubbi sull’ingiusta disumanità di qualsiasi guerra.

Su un palco allestito per l’occasione, Hamas ha esposto le bare dei primi quattro ostaggi rilasciati deceduti, prima della loro consegna alla Croce Rossa. Su ogni bara, la foto della vittima e la presunta data di morte: Shiri Bibas, 32 anni; i suoi figli Ariel, 4 anni, e Kfir, 9 mesi; Oded Lifshitz, 86enne pacifista impegnato per Gaza. Dietro le bare un miliziano di Hamas a volto coperto stava armato e, alle spalle, campeggiava una gigantografia in cui il premier israeliano Benjamin Netanyahu, come una specie di Dracula grondava sangue dalla bocca. All’interno di questo sangue, le immagini delle quattro vittime. La morte dei fratellini e della madre risalirebbe alle prime settimane della guerra, tra ottobre e novembre 2023, quando Hamas in un video mostrava il loro rapimento e la disperazione del padre nel frattempo massacrato di botte. Da allora, oltre 1 anno fa, le vittime sono state nel cimitero di Bani Suheila e disseppellite in questi giorni. Una volta caricate sui furgoni della Croce Rossa, le bare sono state consegnate all’esercito e gli artificieri le hanno forzate per verificare che non contenessero esplosivi. Dopo essere state avvolte nella bandiera bianca e azzurra con la stella di David, sono state portate all’istituto forense israeliano Abu Kabir per l’identificazione. Dove è emerso che la salma di Shiri Bibas non è quella contenuta nella bara (e Netanyahu subito ne ha approfittato per denunciare una grave violazione dell’accordo).

Uccisi; seppelliti; disseppelliti dopo un anno; esposti nelle bare su un palco; sottoposti alle procedure di identificazione in chissà quali condizioni (visto il tempo passato dalla loro uccisione); usati infine come strumento di propaganda: esseri umani, tra cui bambini, trattati come carne senza valore. Nessuna pietà, da vivi e da morti. Nessuno scrupolo. Certo non sono stati gli unici ad essere stati trattati così: chissà quante migliaia, palestinesi e israeliani, ancora giacciono sotto montagne di rovine; chissà quanti sono già dissolti nella terra in cui sono stati ammazzati! Proprio per questo bisognerebbe smetterla di analizzare i torti e le ragioni dell’una e dell’altra parte della barricata, e concentrarsi su un unico grido: mai più nessuna guerra. Mai più stragi di innocenti.
Speriamo che solo e soltanto questo risuoni almeno fino al 9 marzo, quando dovrebbe cominciare quella seconda fase della tregua in cui è previsto il rilascio di tutti i rimanenti ostaggi.

Speriamo che la consapevolezza di cosa sia laicamente sacro trovi sempre più spazio in noi e nel dibattito civile.
Come suggeriscono Raffaele Mantegazza e Isabella d’Isola nel testo “I bambini e il sacro” (Edizioni Zeroseiup, 2019): “Il posto dell’uomo nell’universo, le rappresentazioni della nascita e della morte, il rapporto tra arte e scienza, il ruolo della ragione, dell’incanto e del mistero nella crescita: questi argomenti trovano nel tema del sacro un campo di attivazione e di rilancio. Il tutto nella consapevolezza che ad essere davvero sacra è l’educazione, profanata quotidianamente dalla violenza, dalla volgarità e dall’ignoranza e bestemmiata in nome di principi che di educativo non hanno proprio nulla”.