Disumani di colpo…? Il clima di oggi
Da giorni – inevitabilmente – si continua a parlare di Stefano Addeo, il sessantacinquenne docente di tedesco (presso il liceo Enrico Medi di Cicciano, in provincia di Napoli) che il 31 maggio 2025, su facebook, ha augurato alla figlia di Giorgia Meloni la stessa sorte della ragazza di Afragola (la 14enne Martina Carbonaro barbaramente uccisa a sassate dall’ex fidanzato).
La cronaca dei fatti è proseguita così: Addeo ha cancellato il post poco dopo averlo pubblicato, ma è stato comunque identificato dalla Polizia Postale; ha dichiarato di essere pentito e di aver agito d’impulso in un momento di turbamento per la situazione a Gaza; ha aggiunto che avrebbe chiesto a ChatGpt di generare un messaggio offensivo contro la premier; infine, dopo la sospensione dall’insegnamento e l’indignazione pubblica che si è riversata nei suoi confronti, il 2 giugno ha tentato il suicidio.
Trattandosi di un uomo di 65 anni, tanto più insegnante e a quanto pare senza allarmistici precedenti, i contorni della drammatica vicenda facilmente si allargano: ci basta archiviare il caso come uno squilibrio individuale estemporaneo? Che lettura diamo della leggerezza con cui la minaccia è stata espressa sui social? Cosa ci suggerisce l’inquietante tentativo di Addeo di scaricare la responsabilità su ChatGpt (posto che ChatGPT è addestrato con un sistema di filtri, detti anche “guardrails”, che rilevano e bloccano automaticamente contenuti potenzialmente offensivi, discriminatori, violenti o diffamatori)?
In sostanza: come vigiliare, come prendersi cura dell’equilibrio psichico proprio e di chi è intorno a noi? Cosa contribuisce allo smarrimento tra bene e male? Anna Maria Sassi (psicologa, psicoterapeuta e terapeuta EMDR presso la Cooperativa Sociale Stripes) suggerisce un inusuale punto di vista: «Riconoscere ciò che è bene e ciò che è male, cioè essere psicologicamente equilibrati, corre sullo stesso piano dell’empatia, ovvero la capacità di riconoscere le emozioni altrui, di comprendere quello che l’altro sente e scegliere dunque il bene». Come dire: l’empatia è molto più di un sentimento “gentile”, è una competenza strutturale dell’equilibrio psichico, una bussola morale e affettiva da coltivare sempre, a tutte le età, perché ci consente di distinguere il bene dal male non in astratto, ma nelle relazioni vive con gli altri. Continua Anna M. Sassi: «L’assenza di empatia, o il suo drammatico assottigliarsi, non è solo una questione emotiva, ma è una falla di responsabilità che può generare parole tossiche, comportamenti distruttivi o cinici, perfino scelte disumane».
Al di là della sua specificità, il caso Addeo sembra proprio illuminare questa falla. In effetti, quanto è frequente sentir attribuire le proprie azioni a impulsi incontrollabili, o a contesti stressanti, o a bisogni più o meno espressi di attenzione, di considerazione, perfino di consenso. L’empatia è ciò che ci trattiene, ci frena; ci fa esitare prima di esprimere una frase carica d’odio.
Cercando allora di parafrasare ulteriormente il suggerimento di Anna M. Sassi: se l’eclissi di empatia non è sempre un sintomo psichiatrico, può essere spesso segnale di un logoramento affettivo, di un isolamento emotivo, di un’educazione che si auto congela a partire da una certa età anagrafica in avanti.
Come sembra dimostrare anche la triste vicenda di Stefano Addeo, non si diventa “disumani” di colpo, ma si smette – un po’ alla volta – di sentire.