Lungo la strada. Anni di vita e di musica (Renato Franchi)
Renato Franchi
Lungo la strada. Anni di vita e di musica
Pietro Macchione Editore, Varese 2025
340 pp.
22,00 €
di Mariangela Giusti
Tutte le autobiografie, raccontando la vita del soggetto che scrive, raccontano anche le vite degli altri, narrano i tempi della storia, gli avvenimenti piccoli e grandi che hanno caratterizzato una città, un paese, un territorio. Le autobiografie, pur essendo scritture fortemente personali, possiedono elementi di contenuto e di stile narrativo che le rendono testimonianze di interi mondi, di gruppi di persone e di epoche storiche. È questo il caso di Lungo la strada. Anni di vita e di musica, la corposa autobiografia di Renato Franchi. È un libro importante, molto ispirato e necessario per raccontare e far emergere un mondo conosciuto bene solo da coloro che (e sono stati tantissimi!) lo hanno vissuto dall’interno. È il mondo della musica d’autore, quella suonata dal vivo in gruppi musicali e band, che nasce e cresce nelle cantine, dalla passione e dalla bravura di compositori, cantanti, musicisti e che poi va a riempire le piazze, i festival, i cuori, le anime e le esistenze di centinaia di migliaia di persone.
Lungo la strada trova una prima motivazione significativa nella ricostruzione della storia della musica italiana dagli anni Sessanta del Novecento fino ad oggi, attraverso la voce, la chitarra e la presenza di Renato Franchi, un vero protagonista riconosciuto della scena musicale italiana. Il libro rappresenta una lettura significativa per lettori adulti e giovani anche perché racconta dall’interno le tante trasformazioni che ha vissuto il mondo del lavoro, cioè quello degli operai delle fabbriche di cui Renato Franchi è stato per tanti anni rappresentante sindacale e di cui parla con molta partecipazione nel libro. L’autobiografia infatti inizia a Legnano, la città di nascita di Franchi, denominata (negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento) la “Manchester d’Italia” in virtù dell’enorme concentrazione di stabilimenti (primo fra tutti il cotonificio Cantoni con più di 5000 operai dipendenti), fabbriche, aziende tessili e meccaniche. Di quella città di provincia così attiva e produttiva Renato è il ragazzino/testimone che osserva, riflette, introietta dentro di sé i ritmi e i tempi del lavoro (scanditi con regolarità dalle serene delle fabbriche), la vita dura degli operai e le loro lotte giuste di rivendicazione dei diritti. E’lui, Renato, il ragazzino/testimone che comprende presto il valore e la dignità del lavoro anche attraverso la figura del padre, operaio di fabbrica, che tornava a casa la sera con la tuta ricoperta dalla polvere della fonderia. E quel ragazzino/testimone crescendo si rende conto che la sua voce e la sua chitarra, attraverso la magia della musica, può dare parole e può dare senso alle vicende che vede accadere intorno a sé, non soltanto ai sentimenti e agli amori, ma anche alle lotte di chi lavora e non ha una voce abbastanza forte per farsi sentire e ascoltare.
L’autobiografia Lungo la strada. Anni di vita e di musica rende testimonianza di moltissime vicende musicali create, vissute e attraversate dal protagonista. È anche un racconto di vita legato ad alcuni temi-chiave: l’apprendimento, la presa di coscienza sempre più attiva e attenta dei diritti delle persone, la consapevolezza sempre più marcata di avere un talento speciale da coltivare e da far crescere.
L’apprendimento è un tema che attraversa tutto il libro. Franchi ci tiene a dire ai suoi lettori che è senz’altro vero che c’è un talento innato che alcuni individui possiedono più di altri, ma poi quel talento dev’essere coltivato per evitare che si disperda. E a questo scopo contano tanto le frequentazioni, gli amici con i quali scambiare conoscenze e passioni; conta la formazione continua, la volontà di partecipare a momenti in cui è possibile confrontarsi con gli altri (i “concorsi canori”); e conta la tenacia e la caparbietà di riuscire a essere quello che si sente dentro di essere. Anche a costo di fare qualcosa di nascosto dalla propria madre (come, per esempio, comprare una chitarra con i soldi guadagnati facendo alcuni lavoretti) o a costo di seguire le lezioni di musica con l’approvazione di uno solo dei genitori (e la disapprovazione dell’altra). In prospettiva fenomenologica, la vicenda autobiografica raccontata da Renato Franchi è un esempio di come l’educazione e la formazione aiutano il soggetto a essere al meglio delle sue qualità e dei suoi talenti profondi.
Renato racconta che le sue prime esibizioni canore avvennero quasi per caso durante una vacanza in una colonia marina: fu lì che sperimentò per la prima volta la situazione insolita (e la sensazione fisica) di stare su un palco mentre tutti gli altri –sotto al palco- ascoltavano le canzoni che lui cantava. Una vera scoperta: fu l’avvio di tante altre esibizioni successive. Il racconto autobiografico di Franchi segue la sua crescita e testimonia la vita dei ragazzi di provincia della sua età: c’è il risveglio musicale degli anni Sessanta, ci sono i primi dischi dei Beatles che arrivavano anche in Italia (uno fra tutti: Please Please me del 1962) e i dischi a 45 giri suonati nei magici juke-box “apparecchi luminosi e colorati che sembravano venire da un altro pianeta”. Poi seguendo le fasi del divenire adulti, il libro parla di lavoro, di lotte sindacali e di musica e in particolare dell’incontro con la voce, le parole e le sonorità musicali di Fabrizio De André.
Un topos narrativo ricorrente nel libro è quello degli incontri con persone con gli stessi gusti musicali: Renato li testimonia come momenti determinanti per dar vita a un sound proprio, originale e riconoscibile. Ma, accanto a ciò, Franchi rammenta e descrive tanti altri incontri con persone con gusti musicali completamente diversi dai suoi, con i quali poter scambiare le competenze e le passioni. Gli incontri con i musicisti raccontati nel libro sono tanti e da ciascuno di essi sono nati momenti di musica, di avventura, di creatività, di vita, di amicizie profonde, di affetti.
La figura di Renato Franchi emerge reale dalla sua autobiografia con una costante intenzionalità a creare. Un suo grande merito è quello di aver dato vita a diversi gruppi musicali: la “New Vox Band” (1967) con i primi ingaggi retribuiti, i “Visi d’Angelo”, i “Vecchio Foglio”, il “Canzonaccio” divenuto poi “Kanzonaccio Band”, la “Dita Fragili Band”, l’“Orchestrina del Suonatore Jones”e più di recente la “His Band”. Ma la sua creatività si è estesa sempre anche al sociale. Ha dato vita infatti al Circolo ARCI Arcadia; ha ideato e coordinato il “Festival Rock della Valle Olona” (contest per nuove band musicali proseguito per più di dieci anni) e tante, tante altre iniziative.
Renato Franchi ha fatto benissimo a scrivere la sua autobiografia perché ha riunito momenti musicali, sociali e di vita suoi e di tante altre persone; ha recuperato e messo a disposizione tanti fatti della cronaca viva entrati nelle sue canzoni; ha portato i lettori dentro al suo laboratorio, dove le idee, la musica e le parole nascono e s’incontrano fino a formare canzoni. E, se leggiamo con attenzione, ha rivelato anche alcune “tecniche” personali di creazione. Per esempio: “Quando scrivo una canzone parto dall’ascolto del silenzio”. Un insegnamento bello, ottimo per tutti.