Scelti per voi (musica)
Inhaler – Open Wide (05/02/2025)
«Se posso dire una cosa sulla nostra band è che non abbiamo paura di essere ambiziosi», così il cantante Elijah Hewson presenta i suoi Inhaler. La formazione, oltre a quest’ultimo, vede il chitarrista Josh Jenkinson, il bassista Robert Keating e il batterista Ryan McMahon. Giunti al loro terzo album, dopo l’esordio di It Won’t Always Be Like This (2021) e la conferma di Cuts and Bruises (2023), gli irlandesi sono chiamati ad una svolta che delinei chiaramente il loro profilo e che gli permetta di affermarsi a livello mondiale. Un elemento che può già aver fatto la differenza è Bono, mitico frontman degli U2 e padre di Elijah. Se questa discendenza sia un peso oppure una spinta rimane un tema da approfondire. Sicuramente gli Inhaler non sono una copia degli U2, né per il contesto stilistico né per i concetti espressi: se i primi puntano alla solarità e alla spensieratezza, i secondi sono entrati nella leggenda anche e soprattutto per il rilevante ruolo socio-politico svolto in un’epoca storica controversa. La voce di Bono è più potente e strutturata rispetto a quella del figlio che, però, rientra piuttosto bene tra i canoni contemporanei e tra le melodie del suo complesso. Ciò che le due formazioni hanno in comune invece è la sperimentazione verso quella “musica iconica”, così come viene definita dallo stesso Hewson. Con questo termine non si intende qualcosa capace di incarnare la realtà e di durare per l’eternità, ma piuttosto quel singolo orecchiabile che domina le classifiche e imperversa in radio per un determinato periodo. Sebbene gli U2 non siano nati per questo fine, negli ultimi tempi hanno seguito questa filosofia, anche a causa dell’età avanzata e della difficoltà crescente nel tenere alta la qualità della propria musica. Per quanto riguarda gli Inhaler, invece, questo passaggio dal rock new wave al pop-rock è stato sicuramente più logico e meno traumatico. Le loro influenze iniziali si avvicinavano all’intervallo di tempo a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80, ma con Open Wide si riscontra ora un’indole maggiormente positiva e ci si trova davanti a un panorama sonoro più ampio e libero. La opener Eddie in the Darkness mescola un pizzico di Killers, una manciata di Editors e un accenno di Depeche Mode; Billy (Yeah Yeah Yeah) coinvolge con la sua leggerezza funky. Your House tratta “dell’inseguire una sorta di forza distruttiva nella propria vita, in sostanza desiderando qualcosa che non va bene per te”, come dichiarato da Hewson. Lui stesso descrive, invece, A Question of You come una canzone d’amore: “Parla di come bisogna prima essere onesti con se stessi per essere sinceri con qualcun altro. Del tipo: ‘Devo risolvere i miei problemi per poter stare con altre persone’. È anche una questione di anime gemelle”. L’orologio viene spostato indietro agli anni ‘80 con Even Though, grazie allo sfondo delle tastiere e al palpitare del basso. Again rimane sospesa in bilico tra pop e soul, mentre la title-track si apre e sperimenta verso sfumature dance. Da qui si arriva alle chitarre di All I Got Is You e al ritmo di Still Young. The Charms è calma, pacata e tranquilla, senza particolari punti alti (exploit/variazioni), se non un breve assolo nel finale. A questo punto ci sta bene un ruvido garage-rock come quello in X-Ray. Concrete torna alla quiete riecheggiando nella malinconia. La raccolta termina quindi con Little Things e un piglio duro e determinato. A detta dello stesso quartetto Open Wide è il loro lavoro migliore, ma chi si era fatto convincere dalle sonorità scintillanti di uno dei primissimi singoli My Honest Face è rimasto immancabilmente deluso: partendo da un prodotto ben strutturato e godibile (o radiofonico, come vorrebbero gli Inhaler stessi), si è passati a un insieme eterogeneo di elementi senza carattere né colore, che spesso perdono l’energia e il filo logico durante il loro svolgimento. Da un lato potrebbe essere apprezzabile tentare di uscire dalla propria zona di comfort e mettere in discussione alcuni dei punti saldi che li hanno contraddistinti. Di contro, questa scelta rappresenta però un problema perché, col tempo, il sound non è più facilmente riconoscibile e il pubblico, che inizialmente lo apprezzava, ora non trova più un valido motivo per continuare a seguire il gruppo. Elijah Hewson si trova quindi ora nella situazione in cui deve “uccidere” artisticamente il proprio padre. Se lui e gli Inhaler vogliono cambiare direzione e migliorare la propria musica, devono necessariamente svincolarsi dalla ricerca del brano da classifica e concentrarsi sulle idee alle radici del loro progetto, sviluppandole in maniera più naturale e coerente.
Lucio Corsi – Volevo Essere un Duro (21/03/2025)
La musica di Lucio Corsi costituisce chiaramente un unicum nel panorama italiano del momento. Le melodie che sanno di puro cantautorato italiano (dagli anni ‘70 agli anni ‘90) e i testi fantasiosi (tra l’ironico e il non-sense) permettono all’artista di proiettare attorno a sé un’aura fuori dal tempo. Volevo Essere un Duro è il suo quarto album, dopoBestiario Musicale (2017), Cosa Faremo da Grandi? (2020) e La Gente che Sogna (2023). Il pezzo presentato a Sanremo e la performance con Topo Gigio hanno subito dimostrato la spensieratezza e la leggerezza del cantautore. Gli elementi presenti nella nuova raccolta ridefiniscono questa indole, approfondendo alcuni aspetti caratteriali tra abitudini, sentimenti e ricordi. L’impressione è che note e parole escano naturalmente dalla mente di Corsi in un flusso continuo e inarrestabile. Lui, con i suoi vizi, i suoi difetti, le sue passioni, le sue paure, è descritto pienamente dalla sua arte. Il tutto senza doversi nascondere dietro una maschera che non lo rappresenta, comportamento spesso tenuto dalla maggior parte dei cantanti contemporanei. Ad aprire la raccolta la ballata Tu Sei il Mattino, un tenero racconto di come alcune esperienze possano condurre a una crescita interiore anche in ambito emotivo: “Tu sei il mattino, una porta su Marte / Sei il mio cuscino dalla giusta parte / Fu amore per la prima volta / Io e te tra la gente che non sogna”. Da qui a Sigarette l’amore si declina in vizio, ma la passione non diminuisce, anzi brucia in un sempre ardente rapporto reciproco. Oltre ad essere il mezzo con cui ha conquistato il grande pubblico al Festival, Volevo Essere un Durosintetizza la filosofia e il pensiero di Corsi. In un’atmosfera orchestrale solenne, l’artista ammette le debolezze che determinano la sua unicità in un mondo che non le accetta e che stabilisce canoni che tutti devono rispettare al fine di annientare l’identità di ognuno. Ed è proprio questa consapevolezza la sua forza, racchiusa nella frase finale: “Non sono altro che Lucio”. Questo brano «parla del fatto che spesso non si riesce a divenire ciò che si sognava e della difficoltà di stare in equilibrio su questa terra tonda», commenta lui stesso. Francis Delacroix cambia ritmo e rispolvera un rock alla Bennato: il protagonista del racconto si avvicenda tra avventure fantastiche e citazioni illustri, partendo da Buddha e papa Woytila, passando per Manzoni e Cervantes, finendo con Pinocchio, Lolita e Mattia Pascal. In Let There Be Rockogli accenti rock restano e riprendono Jailhouse Rock di Elvis, ma questa volta sotto i fari c’è Rocco Giovannoni, il bullo della scuola media, vecchio tormento del giovane Lucio. La scena ora viene presa da un altro personaggio improbabile, Il Re del Rave, con le sue surreali suggestioni: “Sembra Paul McCartney, il re del rave / O il principe Giovanni, il re del rave / La notte nelle tende, la polvere che prende / D’incanto vede San Francesco che cerca lo Stregatto”. La Situazione Complicata derivante dall’attrazione sentimentale verso Giulia, la moglie del proprio amico, viene qui narrata con un misto di amarezza e sarcasmo; il ritmo propositivo e il tratto della chitarra di Questa Vita riportano facilmente alla mente le sonorità di Rino Gaetano. Dal mattino della opener si arriva alla fine della giornata e anche dell’album, grazie a Nel Cuore della Notte, intensa ed elegante carrellata di alcuni momenti di vita al calar del buio: «Anche se nessuno ci aspetta nel cuore della notte / La cerco nei locali lontani, oltre i binari di un treno in ritardo / Che passa con le sue luci tristi e se ne va fischiando / Nel cuore della notte». Il disco si ascolta in maniera molto scorrevole e dimostra integrità strutturale e coerenza nei suoi elementi. Le tracce non sono uguali o troppo simili tra loro. Anzi, c’è una giusta varietà sia nei generi musicali che anche nella scelta dei contenuti e dei soggetti analizzati. Le storie altrui sono assurde, fiabesche, tendenti al grottesco. Le sue storie invece sono intime, autoironiche, anche imbarazzanti. L’autore racconta gli altri con fantasia e se stesso con sincerità. L’immagine di Corsi che viene qui trasmessa è quella di un cantastorie con la sua chitarra, truccato da mimo e vestito come un cartone animato: l’insieme di tutto ciò è contenuto all’interno di Volevo Essere un Duro. Dopo la sua imminente e prossima presenza all’Eurovision Song Contest, a metà maggio in Svizzera, si capirà quanto Corsi vorrà rimanere sotto i riflettori, sfruttando la figura fin qui creata, oppure tornare a dedicarsi solamente e completamente alla propria musica.