La fisica quantistica spiegata da Erwin Schrödinger e il suo famoso paradosso del gatto

Sapete cosa sono i paradossi? Un paradosso, dal greco παρά (che si pronuncia parà – contro) e δόξα (che si pronuncia doxa – opinione), è una frase che appare contraria all’opinione comune, risultando incredibile o apparentemente senza senso. In matematica, nello specifico, è una proposizione che va dimostrata e deve essere logicamente coerente ma anche intuibile.
Partendo da questa premessa, ora potrai iniziare a leggere la storia di uno dei padri della fisica quantistica e autore di uno dei paradossi scientifici più famosi della storia, Erwin Schrödinger.


Biografia, studi e meriti scientifici

Erwin nacque a Vienna nel 1887. Fin da subito  dimostrò di essere un eccellente studente, soprattutto in fisica e matematica e frequentò le migliori scuole dei suoi tempi. Nel 1910 ottenne il dottorato grazie alla sua complicatissima tesi sulla conduzione dell’energia elettrica. Dal 1911 divenne assistente universitario, descrivendo la sua esperienza con questa frase: «Faccio parte di quei teorici che sanno per conoscenza diretta che cosa significa fare una misura.»     

Combatté nella prima guerra mondiale per il suo paese e due anni dopo la fine della guerra sposò Annemarie Bertel: fin dai primi tempi, la loro storia fu ricca di intrighi e pettegolezzi. In questi anni iniziò la sua carriera universitaria dapprima come assistente fino a diventare professore ordinario nelle università scientifiche più importanti dell’Austria e della Germania. Nel 1925 pensò di ideare un equazione importantissima per la fisica, basandosi sull’ipotesi di de Broglie che descriveva una possibile natura ondulatoria delle particelle dotate di massa. 

L’anno seguente riuscì a dimostrare l’equazione di Schrödinger, formulata durante uno dei frequenti soggiorni al sanatorio di Arosa a causa della tubercolosi. L’equazione pose le basi della meccanica ondulatoria, rivelandosi come strumento importantissimo per spiegare più fenomeni ma, questo grande successo, innescò una polemica con il famoso fisico teorico Werner Heisenberg, principale autore dell’altra teoria di meccanica quantistica basata sulle matrici che successivamente si dimostrerà essere equivalente alla teoria di Schrödinger, verificata anche grazie ai matematici Paul Dirac e John Von Neumann.

Nel 1933 vinse il Premio Nobel per la fisica con Paul Dirac, “per aver scoperto nuove, fruttuose forme della teoria atomica“.

Nel 1935 formulò il famosissimo paradosso del gatto di Schrödinger, dimostrando una conseguenza logica dell’interpretazione di Copenaghen, la principale interpretazione della fisica quantistica formata dalla cosiddetta Scuola danese grazie soprattutto al contributo di Niels Borh e Werner Heisenberg.
Quando scoppiò la seconda guerra mondiale, ebbe delle ripercussioni per aver espresso la propria opposizione nei confronti del nazionalsocialismo e fu sottoposto ad opere di investigazioni da parte degli uomini di Hitler: fu costretto ad aderire al regime e lasciò l’Austria, dirigendosi prima in Italia, poi in Svizzera, ad Oxford e a Dublino, dove divenne direttore di una scuola di fisica teorica fino al pensionamento. Nel 1944 scrisse What is Life?”, un libro di filosofia della scienza importantissimo per la biologia tanto che, James D. Watson si ispirò a quest’opera per iniziare la sua ricerca sui geni, che lo portò alla scoperta della struttura a doppia elica del DNA. Durante i suoi ultimi anni di  vita, si oppose pubblicamente all’energia nucleare e, dopo la sua morte avvenuta nel 1961, gli fu dedicato un cratere lunare e l’asteroide 13092.

Il paradosso del gatto

Questo è uno dei paradossi scientifici più conosciuti di tutti: ne parla sempre Sheldon Cooper nel famosissimo telefilm The Big Bang Theory, esistono gadget come tazze e magliette e un sacco di battute spiritose che ne parlano ma… in cosa consiste?
Questo gioco mentale si discute ancora oggi nella critica dei fondamenti della meccanica quantistica e ne dimostra i limiti. La quantistica fa parte della fisica moderna che studia le le particelle elementari come neutroni, elettroni e così via. Secondo la fisica quantistica, il comportamento di una particella non è prevedibile con certezza matematica ma solo con delle probabilità. Questo limite però non esiste per i macrosistemi, cioè sistemi composti da tantissimi atomi riuniti di cui si possono conoscere i dati e quindi, sapere con esattezza cosa e quando accadrà un fenomeno.
Il paradosso vuole spiegare appunto quest’idea complicatissima ma in un modo semplice.

Immaginate che un gatto sia chiuso in una scatola che lo isola perfettamente dall’ambiente: dentro la scatola è presente anche un’ampolla che contiene cianuro, che può essere rotta da un martello azionato da una cellula fotoelettrica che, a sua volta, è attivata da una sorgente laser grazie ad uno specchio. Lo specchio ha due possibilità: può riflettere verso la fotocellula il fotone emesso oppure no. Partendo da questa probabilità, il gatto può trovarsi nello stato di “gatto vivo” oppure “gatto morto” nel 50% dei casi. Si scoprirà il risultato solo aprendo la scatola e quindi la funzione d’onda che descrive lo stato del gatto dimostrerà uno dei due stati.

Il paradosso dimostra che due sistemi fisici, interagendo tra di loro, devono essere trattati come uno solo e rappresentati da un unico stato quantico, cioè la rappresentazione matematica di uno stato fisico. 

Schrödinger si chiedeva se la meccanica quantistica fosse così apparentemente applicabile anche ad un essere vivente, vedendolo come una sorta di sistema. Da qui nacque il dubbio di tutti i fisici teorici: «Perché, e come, la stranezza del mondo quantistico scompare nei sistemi macroscopici?» – Serge Haroche, Premio Nobel per la fisica 2012

Chi lo sa, magari nei prossimi anni gli scienziati più in gamba riusciranno a capire molte più cose su queste complicatissime faccende ma per adesso pensiamo a quanto sia misterioso il mondo dell’infinitamente piccolo, tanto da affascinare le menti più brillanti e geniali di tutti i tempi.