Promuovere la creatività infantile

E’ vero che ogni domanda esige una sola risposta quale unica e giusta soluzione? Stando al concetto tradizionale di intelligenza sembrerebbe di si.

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Fu J.P.Guilford nel 1950 ad evidenziare le contraddizioni e l’inefficacia di un concetto ristretto di intelligenza che utilizzi soltanto quello che lui definì il “pensiero convergente” per spiegare i fenomeni e per fornire soluzioni. Il pensiero convergente consiste essenzialmente nel riconoscere e riprodurre una sola possibilità di soluzione giusta. Il “pensiero divergente”, al contrario, si muove in più direzioni e porta a molte soluzioni individuali tra cui quella solita non rappresenta che una delle strade possibili. Adottare un pensiero divergente corrisponde quindi alla possibilità di generare idee nuove, indipendenti, originali e per nulla scontate. Alcuni studiosi (M.Fattori “Creatività ed educazione” e A.Pagnin, “Il pensiero creativo”) hanno approfondito il legame sottile che unisce il pensiero divergente alla creatività umana. L’uso del pensiero divergente può aiutare l’individuo, e in particolar modo il bambino, ad ampliare e a promuovere la propria creatività.
Parliamo di creatività quando i bambini manifestano ingegno, quando riconoscono nessi che normalmente passerebbero inosservati, quando propongono soluzioni insolite per i soliti problemi.
Il concetto di creatività, così come lo accogliamo e lo descriviamo in queste pagine, è sganciato dalla concreta realizzazione di un prodotto creativo, come un quadro, un disegno o un testo; parliamo qui di creatività pensando ai suoi legami con il gioco e con la creazione di contesti ludici.
Numerosi autori, tra i quali J.S.Bruner, D.Winnicott, J.Piaget e A.Cropley, evidenziano quanto il gioco possa promuovere lo sviluppo della creatività nel bambino. In particolare J.S.Bruner (1972) sottolinea come il gioco offra al bambino la possibilità di rinunciare spesso alla rigorosa logica e alla precisione dei suoi percorsi per prendere in considerazione l’improbabile e il fantastico. Il gioco consente al bambino una maggiore flessibilità perché non lo lega necessariamente ai nessi causali, alle sequenze temporali o a comportamenti stereotipati. Molti dei blocchi sociali e affettivi quali l’orientamento al successo, le reazioni dell’adulto alle domande “inopportune”, il giudizio e la pressione conformista del gruppo dei pari, ostacolano il pensiero creativo nel bambino e cadendo nelle situazioni ludiche, “liberano” il bambino dall’obbligo sociale di nascondere i propri conflitti emozionali. Il gioco diviene pertanto l’occasione in cui il bambino, anche molto piccolo, elabora le proprie tensioni e si connota, soprattutto il gioco di finzione, come il mezzo privilegiato per la promozione della creatività.
E’ opportuno, giunti a questo punto, domandarsi come l’adulto può promuovere la creatività del bambino e, dunque, incentivare l’utilizzo del pensiero divergente, sfruttando le innumerevoli occasioni offerte dalle situazioni ludiche.
La prima modalità operativa è intimamente connessa al ruolo dell’adulto come modello o ideale di comportamento: l’adulto con una funzione educativa in un contesto educativo può influenzare le condotte dei bambini con il suo “modus operandi”.
I bambini con propensione all’utilizzo del pensiero divergente se sostenuti da insegnanti che si affidano, anche in modo inconsapevole, a processi mentali tipici del pensiero divergente ottengono ottimi risultati sul piano della creatività.
Può esserci d’aiuto, a questo proposito, analizzare insieme il protocollo osservativo che si riferisce ad una esperienza di “gioco narrato” in una sezione di bambini di tre anni del nido.

I quattro bambini del gruppo osservato frequentano uno spazio gioco (ludoteca) situato all’interno di un asilo nido. Sono seduti sul tappeto. Anche l’educatrice è seduta sul tappeto di fronte a loro.
EDUCATRICE GAETANA Bene bambini, vi avevo detto che oggi avrei portato un bel gioco, ma l’ho dimenticato a casa… dunque che facciamo? A cosa giochiamo? E’ un bel problema… vero?… Forza bimbi… Federico, Elisa a cosa volete giocare? E tu Marzia…? Carolina?
ELISA (38 mesi) Io oggi no… oggi non gioco… dove hai lasciato il tuo gioco?
FEDERICO (42 mesi) Io anche… oppure con Coccolo (un pupazzo rosa molto grande a cui presta la voce l’educatrice molto spesso).
MARZIA(40 mesi) Ma oggi non c’è Coccolo… è in bicicletta e fa i giri…!
EDUCATRICE Davvero Coccolo è in bicicletta? E dove sta andando? Dove li fa i giri?
EDUCATRICE Stanotte era in bicicletta (pausa e risata) per svegliarti Gaia (diminutivo dell’educatrice).
EDUCATRICE Per svegliare me?
FEDERICO Si!
EDUCATRICE E perché mi voleva svegliare bambini?
FEDERICO Perché vai all’asilo… e poi piangi!
CAROLINA (37 mesi) Anche io piango… e poi… vado all’asilo.
FEDERICO Ma non tu… Gaia!
MARZIA Piangi perché la mamma ti ha sgridato…?
ELISA No… perché non mangi tutte le carote…
FEDERICO (Alzando molto il tono della voce)… Perché non fai la nanna…
EDUCATRICE Ho capito… Coccolo è un po’ arrabbiato con me… e cosa posso fare per fare pace?
MARZIA Niente… vai a prendere il nostro gioco…
ELISA Coccolo vuole le coccole… FEDERICO Anche Teddy (un orsetto di peluche che c’è al nido).
CAROLINA Giochiamo a Biancaneve…
FEDERICO Biancaneve corre in bicicletta!
EDUCATRICE Allora… anche Biancaneve è in bicicletta? E dove va?
MARZIA Corre per i coccodrilli… è stanca.
ELISA Coccolo andava più forte… e vinceva…
MARZIA No!
FEDERICO …Arrivavano tutti da Gaia… e arrivava anche Teddy.
EDUCATRICE Bene… tutti a casa mia stanotte… perché piango… non mangio le carote e non faccio la nanna…
FEDERICO …Vanno a prendere il gioco che ti sei dimenticata oggi…

Un’analisi seppur superficiale del brano evidenzia piuttosto chiaramente alcuni aspetti relativi al comportamento dell’adulto:
1) l’educatrice sostiene la narrazione fantastica del bambino (Davvero Coccolo è in bicicletta?) e riassume i contenuti emersi nel corso della conversazione (Bene… tutti a casa mia stanotte perché piango… non mangio le carote e non faccio la nanna)
2) l’educatrice ripete gli stessi termini utilizzati dai bambini (Dove li fa i giri?)
3) l’educatrice chiede chiarimenti sulle intenzioni del personaggio Coccolo (E perché voleva svegliarmi?)
4) l’educatrice segue i percorsi fantastici di tutti i bambini che compongono il gruppo (Allora… anche Biancaneve è in bicicletta? E dove va?)
5) l’educatrice empatizza con i bambini mostrandosi coinvolta nel clima emotivo generato dalla storia fantastica (Ho capito… Coccolo è un po’ arrabbiato con me) e chiede suggerimenti su come è meglio che si comporti (E come posso fare per fare pace?).
Il comportamento verbale dell’adulto osservato – il comportamento non verbale non è analizzabile in questo contesto – può essere considerato come propedeutico allo sviluppo della creatività infantile? Con ogni probabilità possiamo rispondere affermativamente a questa domanda.
Esistono infatti, nel brano analizzato, una serie di rinforzi positivi da parte dell’adulto nei confronti delle domande, delle idee e delle soluzioni stravaganti offerte dai bambini. L’educatrice non sembra preoccuparsi della coerenza temporale degli eventi, della loro sequenzialità o della loro logica: gioca anche lei con il personaggio Coccolo e non richiama i bambini alla realtà di un gioco strutturato e reale. Accetta l’orsacchiotto che corre da lei in bicicletta nella notte perché accetta i percorsi alternativi intrapresi dai bambini nella ricerca delle loro soluzioni.
Inoltre l’educatrice fa giocare i bambini con i problemi che hanno creato (ELISA Coccolo andava più forte (di Biancaneve) e vinceva; MARZIA No!) e sostiene le mediazioni relazionali che i bambini mettono in atto per risolvere i loro conflitti (FEDERICO arrivavano tutti da Gaia… e arrivava anche Teddy, e ancora, vanno a prendere il gioco che ti sei dimenticata oggi; EDUCATRICE Bene… tutti a casa mia stanotte…).
E’ essenziale che l’adulto comunichi sicurezza e fiducia ai bambini che manifestano un particolare grado di pensiero divergente: solo così egli promuoverà i presupposti sociali per lo sviluppo del pensiero creativo.
Il bambino che saprà di potersi rivolgere ad un adulto disponibile ad accoglierlo quando è minacciato dalla pressione sociale del gruppo, sarà un bambino che accetterà
la propria creatività come costruttiva e positiva, e non come qualcosa di sbagliato che lo isola dagli altri.
Un’ultima considerazione può concludere questa breve analisi dei comportamenti che possono promuovere la creatività dei bambini. I bambini osservati nell’esperienza riportata hanno circa tre anni, un’età in cui il gioco senso-motorio dei primi mesi ha lasciato spazio al gioco simbolico o gioco di finzione. In questo quadro evolutivo l’adulto può rivestire un ruolo molto importante nella stimolazione del pensiero simbolico-creativo attraverso condotte che, come quelle descritte, aiutino il bambino nella costruzione della realtà e, in particolare, nel processo inferenziale (ovvero l’attribuzione di significati agli eventi e agli oggetti) che caratterizza la comprensione della realtà.
A quest’età i bambini sono già in grado di affidarsi dei ruoli, di “giocare” questi ruoli all’interno di un contesto ludico: l’adulto è colui che supporta l’immaginazione e la creatività del bambino legittimandone le idee, le rappresentazioni e le soluzioni.
E’ pertanto possibile affermare che un educatore che sceglierà di esercitarsi nell’utilizzo di quello che è stato definito pensiero divergente, sarà un educatore in grado di fornire risposte comunque corrette, ma più adeguate ai livelli evolutivi dei bambini, poco scontate e più originali, più insolite e… meno noiose.

*pedagogista

Bibliografia di riferimento

Anna Bondioli, Donatella Savio “Osservare il gioco di finzione”, edizioni Junior, Bergamo, 1994

Arthur Cropley, “La creatività nella scuola e nella società”, Armando Editore, Roma, 1982

Adriano Pagnin, Stefania Vergine, “Il pensiero creativo”, La Nuova Italia, Firenze, 1980

 Mauro Fattori, “Creatività ed educazione”, Laterza, Bari, 1968

Susan Isaacs,”Lo sviluppo sociale dei bambini”, trad.it. La Nuova Italia, Firenze, 1967

B.Sutton-Smith,”Il gioco delle bambine”, trad.it. in “Il buffone e il re. Il gioco del bambino e il sapere dell’adulto”, a cura di A. Bondioli, La Nuova Italia, Scandicci, 1989

J.Piaget, “La formazione del simbolo nel bambino”, trad.it. Giunti Barbera, Firenze, 1972

L.S.Vygotsky, “Pensiero e linguaggio”, trad.it. Laterza, Bari, 1990