Quando il cavallo facilita la relazione

Nel pensare lo sport oggi, non si può fare a meno di riferirsi ad un insieme di pratiche volte principalmente al benessere dell’uomo.

E’ curioso soffermarsi sul fatto che alcune pratiche sportive stanno dimostrando di poter includere, nel termine benessere, non solo l’assenza di malattia ma anche il superamento o l’attenuazione di questa, quando presente.

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Esempi quali l’equitazione dimostrano, infatti, come alcune attività sportive siano in grado di rispondere ai bisogni delle persone sia su un piano sociale, ludico-ricreativo, sia su un piano sanitario-riabilitativo.
Si va scoprendo inoltre che attraverso la pratica sportiva si è in grado di favorire risposte trasformative in soggetti che, a causa di disagi sociali, tendono a comportamenti a rischio. E’ ormai diffusa la consapevolezza del valore sociale che riveste lo sport: sport come occasione di integrazione sociale quindi, ma anche come allenamento alla comunicazione.
Riferendoci ora in particolare alle attività equestri possiamo evidenziare come l’ambiente specifico e le azioni in esso realizzate si prestino a:

  • ridurre il rischio di devianza sociale nei minori;
  • favorire l’attività motoria di bambini, adulti, anziani;
  • offrire tirocini di lavoro e/o riabilitativi a soggetti svantaggiati;
  • favorire l’attività sportiva per disabili;
  • effettuare programmi riabilitativi per soggetti portatori di handicap o di disagio psichico;
  • prevenire i disturbi precoci del comportamento;
  • promuovere l’integrazione sociale intesa anche come incontro tra diversità.

Sulla base dell’esperienza maturata attraverso l’osservazione e il trattamento in ambito equestre di un numero significativo di bambini e adulti, riteniamo di poter affermare che l’utilizzo del cavallo rappresenta una concreta possibilità di arricchimento di strumenti operativi utilizzabili anche nel contesto terapeutico-riabilitativo.
L’indagine psicologica a ciò riferita può avvalersi delle immagini primordiali per esplorare le possibili relazioni tra due entità in grado di giustapporsi tra loro su più piani, come sappiamo rappresentato nelle immagini mitologiche. Si comprende così quanto il cavallo sia legato all’uomo e al suo percorso evolutivo, e si può conseguentemente pensare l’ambiente equestre quale spazio che faciliti l’emergere di vissuti primordiali.
Il cavallo appartiene all’immaginario tanto da un punto di vista individuale che collettivo. L’animale-cavallo rappresenta tra l’altro, un ricco corpo-contenitore in grado di stimolare e favorire le dinamiche affettivo-relazionali.
Pensiamo che il rapporto uomo/cavallo si attualizzi nel comprendere e sperimentare la diversità attraverso la reciprocità. “Comprendere”nel senso di contenere, abbracciare, racchiudere sul piano spaziale, temporale o della classificazione astratta. “Diversità”nel senso del riconoscimento di sé diverso dal non sé. “Reciprocità”nel senso del rapporto diretto con il cavallo facilmente riconoscibile come altro da sé.
Il cavallo si riferisce ai comportamenti dell’altro più che alla sua forma; per questo animale è proprio il caso di dire che l’abito non fa il monaco!
Di conseguenza è terribilmente riduttivo pensare che la valenza di tale rapporto sia essenzialmente rappresentata dalle attività motorie sul cavallo, poiché le nostre osservazioni tendono a indicare la competenza comunicativa quale momento centrale persino dell’intervento terapeutico.
La comunicazione si attua anche su altri piani spaziali assunti nella relazione, che pure risultano essere significativi. La doma basata sul linguaggio del cavallo dimostra infatti
la piena ed univoca comprensione da parte del cavallo di gesti e sguardi dell’uomo a terra e l’importanza che riveste la sua posizione ai fini della comunicazione. La particolarità specie-specifica del cavallo di essere un gregario fa sì che sia esso stesso a cercare risposte e conferme nel comportamento di chi vicino a lui si muove. Il cavallo è quindi in grado, per sua necessità, di cogliere i comportamenti dell’altro sino a comprenderne gli sguardi o semplicemente le emozioni.
Con riferimento alle acquisizioni relative all’indagine etologica siamo in grado di affermare che l’attività equestre rappresenta un complesso gioco di ruoli. Se questo gioco è mediato in senso di percorso di facilitazione sociale, assume rilevante importanza il sapere di guidare la persona attraverso un dialogo con altro da sé in un’attività che tende a far acquisire al soggetto autonomia.
Inoltre si sottolinea l’importanza, in questo contesto, della messa in atto di comportamenti motori, espressione rappresentativa di vissuti profondi.
L’aspetto che riteniamo debba maggiormente essere sottolineato nel descrivere il cavallo é la sua appartenenza al mondo dei predati. La sua difesa per eccellenza è la fuga. Nel contesto psichiatrico, ad esempio, disporre di un ambiente che pone in gioco comportamenti di avvicinamento e fuga è estremamente significativo.
Si pensi alle teorie di Timbergen ove si pone al centro dell’osservazione di soggetti affetti da autismo proprio l’andamento di un percorso caratterizzato da “movimenti verso”e “movimenti di allontanamento da”.
L’esperienza del nostro Centro di Attività Integrate mostra in modo chiaro come tali dinamiche relazionali siano metafora di dinamiche sociali, fino al punto di mostrare la strada per strutturare un intervento atto a rispondere anche a difficoltà relazionali non riferibili a patologie organiche o squisitamente psichiatriche. Anche rifacendoci alle definizioni tradizionali di tecnica equestre comprendiamo come l’indicazione vada ben oltre il concetto di handicap: saper stare su un cavallo (avere un buon assetto, in gergo) presuppone la capacità del cavaliere di essere padrone del proprio equilibrio in qualsiasi situazione e qualunque siano le reazioni del cavallo. Il cavaliere è quindi posto in una situazione dinamica ove per mantenere il proprio equilibrio deve riconoscere le forze con le quali interagisce al fine di poterne disporre per compiere attività finalizzate e questo diviene possibile se il cavaliere riesce a fondersi con il proprio cavallo pur sapendosi distinguere da esso.
La relazione con il cavallo mediata in favore della persona rappresenta quindi un setting davvero ricco di elementi significativi sul piano evolutivo, che necessita di operatori consapevoli e competenti e di un serio lavoro di ricerca e formazione sul campo.