Le ragioni della filosofia

Intervista a Mario Vegetti

In senso critico, la riflessione filosofica serve a proteggere l’autonomia di giudizio e di valutazione del soggetto. In senso positivo, può aiutare a orientarsi di fronte alle questioni decisive di verità e di senso, di conoscenza e di condotta personale e collettiva che si pongono alla vita di ognuno. Da qui nascono il testo Le ragioni della filosofia ed il portale internet Edusophia

Esce nella prossima primavera, per i tipi di Le Monnier, il nuovo Manuale di Storia della filosofia, suo e di Luca Fonnesu. Innanzitutto, professore, perché questo titolo, “Le ragioni della Filosofia”?

Il titolo di questo corso, Le ragioni della filosofia, può venire interpretato in due sensi diversi. Il primo di essi ha orientato la modalità di costruzione del nostro racconto storico, mentre il secondo esprime la sua destinazione, il compito che ci siamo posti.

Nel primo senso, dunque, “le ragioni della filosofia” designa l’ordine degli argomenti, delle intenzioni, insomma appunto delle “ragioni” che hanno governato nel tempo la formazione delle prospettive teoriche proposte dai diversi filosofi, in quella discussione incessante (ma non arbitraria o inconcludente) che costituisce la “storia della filosofia”. Non pensiamo che la storia della filosofia vada concepita, e narrata, come una “filastrocca delle opinioni” che si snoda nei secoli (come diceva Hegel a proposito del cattivo uso di questa disciplina). Crediamo invece che essa costituisca lo scenario di un serrato dibattito fra tentativi diversi, e spesso contrapposti, di rispondere razionalmente a una serie di domande fondamentali che gli uomini si sono posti nel corso della loro storia, e in forme diverse tuttora si pongono: che cosa è il mondo, e come possiamo conoscerlo? esiste una divinità, e, se sì, qual è il suo rapporto con il mondo e con gli uomini? qual è il senso dell’esistenza umana, quali sono le condizioni che possono assicurarle una piena fioritura, quali sono le norme e i valori morali che garantiscono il buon ordine della vita associata? E infine: se intorno a questi e ad altri analoghi problemi si possono formulare tesi diverse, quali sono i criteri che ci permettono di sceglierne alcune rispetto ad altre? O in altri termini, come è possibile decidere della loro validità?

Chi crede che si tratti di domande aperte, di risposte alternative fra le quali decidere e orientarsi con le sole forze della riflessione razionale, non può che trovare nella storia della filosofia l’affascinante spettacolo degli sforzi del pensiero umano per procedere lungo un percorso di conoscenza, di chiarezza, di progressivo approfondimento critico delle conquiste via via conseguite.

Raccontare la storia della filosofia ha dunque significato per noi in primo luogo ricostruire ed esporre il gioco delle argomentazioni contrapposte, il progressivo accumularsi delle conoscenze oppure il conflitto fra “ragioni” alternative, con l’attenzione rivolta più alla ricostruzione della discussione razionale che alla semplice successione cronologica delle opinioni, senza mai dimenticare, d’altro canto, che ogni forma di riflessione filosofica si svolge in una situazione storica e sociale determinata, e che le sue “ragioni” sono in primo luogo riferite ai problemi propri del mondo in cui essa nasce e si sviluppa. 

Ma l’espressione “le ragioni della filosofia” ha anche un altro senso. Si tratta, a nostro avviso, delle (buone) ragioni per le quali la filosofia e la sua storia meritano ancora oggi di venire insegnate ed apprese. Siamo in effetti convinti che gli strumenti offerti dalla riflessione filosofica siano utili per articolare correttamente le domande che ognuno si pone intorno alla comprensione del mondo in cui viviamo, al senso della nostra esistenza, alla giustizia e alla felicità, al nostro rapporto con gli altri, con le vicende politiche, sociali e morali che ci coinvolgono. Siamo inoltre convinti che quegli stessi strumenti siano indispensabili per vagliare criticamente la validità e il senso delle risposte che a queste domande vengono suggerite dall’ambiente culturale che ci circonda, dalle tradizioni, dai mezzi di comunicazione e dalle forme di autorità che vi sono dominanti. 

In senso critico, la riflessione filosofica serve a proteggere l’autonomia di giudizio e di valutazione del soggetto dalla pressione di credenze diffuse, di pregiudizi sociali, di proposte informative che possono essere intese a suscitare un’accettazione passiva e conformistica. In senso positivo, può aiutare a orientarsi di fronte alle questioni decisive di verità e di senso, di conoscenza e di condotta personale e collettiva che si pongono alla vita di ognuno; può dunque servire a costruire profili di personalità libera e consapevole, capace di interagire positivamente con gli altri in un mondo sociale sempre più complesso. 

La storia della filosofia – se appunto non viene studiata come mera “filastrocca delle opinioni” – può allora costituire una sorta di repertorio ragionato di questi strumenti critici e costruttivi. Essa continua dunque a meritare, a nostro avviso, il suo posto in qualsiasi programma di formazione dei futuri cittadini in quanto soggetti in grado di esprimersi razionalmente e liberamente nel discorso e nell’azione, rifiutando le tentazioni della coercizione e della violenza, privilegiando invece l’ascolto, la comprensione, lo sforzo di convincere delle proprie ragioni e di accettare quelle altrui.

Per quanto più mi interessa, penso che l’insegnamento filosofico vada esteso e rafforzato, riducendo tuttavia l’esposizione storica agli elementi essenziali per dare più spazio a discipline critico-formative (l’epistemologia storica da un lato, l’antropologia dall’altro, nonché la logica intesa soprattutto come teoria e critica dell’argomentazione). Alcuni di questi aspetti devono situarsi all’intersezione con altre materie (le scienze per l’epistemologia, le discipline linguistico-letterarie per la retorica argomentativa e la teoria dell’informazione)”. Questa breve estrapolazione da una sua recente pubblica riflessione ci induce a formulare una domanda: è possibile ricondurre, a suo avviso, l’opera di cui nei prossimi mesi vedremo i primi due volumi, alla necessità generale di affermare il valore formativo della filosofia, la sua specificità e quindi la sua autonomia disciplinare e lo spazio che deve avere nel curricolo formativo dei giovani o, più verosimilmente, dobbiamo parlare di un articolato e inscindibile intreccio tra una riflessione sulle più recenti metodologie didattiche e la presa d’atto, nel panorama culturale contemporaneo, della emergenza di un mutato contesto istituzionale ed epistemologico?

Il lavoro che proponiamo rappresenta un passo nella direzione indicata nel progetto che avevo formulato, e che viene citato dalla domanda postami. Un largo spazio è dedicato per esempio alla storia della scienza e alle relative questioni epistemologiche; molti dei testi filosofici antologizzati sono stati corredati con un’attenta analisi delle strutture argomentative. Si tratta, però, appunto di un passo in quella direzione. L’intero cammino potrà venire percorso solo dopo una radicale revisione dei programmi di insegnamento, non soltanto della filosofia ma anche della storia, della letteratura e delle scienze: una revisione (in senso antropologico ed epistemologico) che auspicavo in quel testo ma che ancora non è stata attuata.

Ci appare evidente l’opportunità di dare ampio risalto alla “geografia della filosofia”: basta solo pensare, per personale esperienza da studente, allo stupore di scoprire, alla fine del liceo se non già all’università, che Zenone di Elea, posto che si sia mai recato ad Atene al seguito di Parmenide, era presumibilmente vissuto nel Cilento. Ma per entrare nel merito della struttura di “edusophia.it”, ci spiega il perchè di sezioni dal titolo evocativo di una qualche forma di gioco o competizione, quale, ad esempio, quella che invita a “mettere alla prova” la propria capacità di argomentare?

Edusophia presenta una contestualizzazione geografica e cronologica dei luoghi e dei protagonisti della filosofia nelle varie epoche che dovrebbe contribuire a una comprensione più concreta, meno libresca del percorso storico di questo sapere. Ma c’è molto di più. In primo luogo, si propone allo studente – attraverso domande, test, brevi esercizi – un lavoro di autoverifica dei livelli di comprensione e di memorizzazione del testo, che viene valutato automaticamente ad ogni tappa. Si suggeriscono anche i links opportuni per ricontrollare e approfondire le informazioni pertinenti a questa autoverifica. Lo scopo è di rendere il testo in qualche modo disponibile a un dialogo interattivo con lo studente, di trasformare l’apprendimento passivo in un gioco partecipato di domande e risposte, via via più approfondito.

Applicare la filosofia alla vita quotidiana” è uno degli obbiettivi o, perlomeno, una delle opportunità dichiarate su www.edusophia.it . E’ da intendere come un dispiegarsi della dimensione antropologica cui faceva riferimento nella frase da noi sopra riportata o si colloca nel quadro di una recente tendenza alla diffusione di “pratiche di filosofia per non-filosofi”?

Sono presenti nel testo proposte di discussione (su casi concreti, di “vita quotidiana”, di argomento prevalentemente etico) che dovrebbero coinvolgere la classe, naturalmente con la guida del docente, in un confronto di tesi e di argomentazioni: l’idea è di fare della classe un piccolo laboratorio sperimentale di riflessione filosofica (il repertorio degli argomenti possibili è naturalmente offerto dalle posizioni dei filosofi esposti nel testo, nel cui ambito è tuttavia possibile costruire percorsi personali). A questo si affianca un interessante esperimento contenuto in Edusophia: il Forum. Qui sono presentati diversi quesiti filosofici (di ordine tanto teorico quanto etico) suscettibili di due risposte alternative. Gli utenti possono semplicemente optare per una delle due risposte, o anche aggiungere argomenti in favore della propria risposta. Ognuna delle due risposte possibili è corredata da un breve testo di uno dei filosofi trattati nell’esposizione storica, cui l’utente può riferirsi per formare la propria opzione ed eventualmente costruire la propria argomentazione. La redazione del sito provvede periodicamente a informare gli utenti circa le opzioni prevalenti nella discussione. Ogni studente può partecipare individualmente al Forum, ma anche in questo caso è naturalmente auspicabile che la partecipazione sia sollecitata e introdotta dai docenti in classe, dove anche si potrebbero discutere collegialmente i risultati dei diversi dibattiti.

Quanto alla filosofia per non filosofi, bisogna partire dalla considerazione che oggi c’è un’estesa richiesta pubblica di “filosofia”. Ne è una prova la partecipazione di un pubblico numeroso e variegato per età e formazione ai vari “festival” di filosofia, o alle conferenze di filosofi celebri nei teatri cittadini. Di fronte a questa richiesta, non ci si può limitare a criticarne gli aspetti (pure inequivocabilmente presenti) di spettacolarizzazione divistica, che fa anche della filosofia una sorta di “star-system”, e d’altra parte di attesa di rivelazioni intellettuali salvifiche. La domanda di filosofia può anche essere interpretata come la richiesta di strumenti di orientamento consapevole in un mondo che ha via via perduto i suoi tradizionali orizzonti di riferimento (le grandi ideologie sociali, i valori tradizionali, le credenze religiose), e che assiste inoltre a una degenerazione vertiginosa dei livelli intellettuali della discussione pubblica. Questa domanda può venire intercettata e ad essa possono venire offerte risposte utili, come dicevo all’inizio, alla costruzione di forme di soggettività criticamente consapevole e capace di costruire orientamenti autonomi. I filosofi di professione non dovrebbero sottrarsi a questo compito rivendicando la tecnicità del proprio sapere, che certo esiste ma non può essere autoreferenziale: dopotutto, uno dei maggiori insegnamenti della storia della filosofia è proprio la costante relazione fra i filosofi e la polis.

E’ con piacere che noi di Pedagogika.it, in rete ormai da 11 anni, vediamo crescere un atteggiamento positivo verso le nuove tecnologie informatiche, in modo particolare verso Internet. Eppure quando nacquero i primi esperimenti di e-learnig o F.A.D. (formazione a distanza) erano molte le considerazioni negative rispetto alla fruizione del sapere da parte degli studenti che si diceva non “mediabile” attraverso internet anche in considerazione del fatto che lo studente si sarebbe trovato in solitudine. Cosa è cambiato a suo avviso vista l’attuale proliferazione, nelle università, di varie forme di e-learnig? Ed in particolare, come si colloca edusophia.it da questo punto di vista?

Queste osservazioni contengono già una risposta al quesito sul problema dell’e-learning. Io non credo che esso possa sostituire la dimensione collettiva della classe e il lavoro comune condotto sotto la guida dell’insegnante. Lo può però utilmente integrare, chiamando lo studente a proseguire questo lavoro, e ad affinare la propria riflessione personale, anche mediante il suo rapporto diretto con lo strumento del computer. Sappiamo che questo rapporto occupa comunque molto del tempo passato in casa dai giovani. Se una parte di questo tempo potesse essere destinato a un lavoro che comincia nella classe e può concludersi nella classe stessa, si getterebbe un ponte fra la dimensione scolastica e quella “privata” che oggi, credo, tendono ad essere fortemente separate o addirittura contrapposte.