Musica

A cura di GOFFREDO VILLA


Depeche Mode – MEMENTO MORI
Il nome del quindicesimo album dei Depeche Mode si può tradurre dal latino come: ricordati che devi morire. Così ne parla Dave Gahan, cantante del complesso britannico: «È il tema di molte canzoni del disco. Il tempo vola, bisogna vivere in modo pieno. Ho subito pensato che fosse un gran titolo per le canzoni che avevamo scritto». Essendo stato composto ad inizio pandemia Covid ed ispirato a questo periodo, il titolo e il contenuto di Memento Mori non hanno niente a che fare con la morte di Andrew Fletcher, tastierista, bassista e co-fondatore, avvenuta il 26 maggio 2022 a causa di una dissezione dell’aorta. L’accaduto ha decisamente scosso i due rimanenti membri dell’ormai ex trio, ma ciò non ha impedito la pubblicazione dell’opera, come ha dichiarato il chitarrista e tastierista Martin Gore: «Dopo la morte di Fletch, abbiamo deciso di continuare perché siamo sicuri che questo è ciò che avrebbe voluto, e questo ha davvero dato al progetto un ulteriore livello di significato». Il messaggio comunicato dalle tracce del disco è un invito a cogliere l’attimo, realizzando in sentimenti ed azioni il concetto che la vita è breve e, per questo, deve essere goduta senza rimorsi e pensieri negativi. Dopo più di quarant’anni di testi riguardanti sofferenza e pessimismo, la visione di Memento Mori pare posizionarsi praticamente in antitesi con quanto poteva essere considerata la filosofia dei Depeche Mode. Per Gahan la raccolta presenta una composizione naturale e una forte anima cinematografica, trasportando l’ascoltatore in un viaggio spirituale; la musica infonde, da un lato, inquietudine e tristezza, da un altro, fiducia e felicità. Lo stile rimane sempre orientato ad ambientazioni tenebrose ed ipnotiche in cui prendono vita sonorità ricercate, complesse ed intense. La natura elettronica tipica della band assume però ora una sfumatura più accurata e leggera grazie ad un’influenza pop: questo permette una fruizione dei pezzi assolutamente fluida, anche per la mancanza di artifici eccessivamente bloccanti presenti nei lavori più recenti del gruppo. Il ruolo di opener è affidato a My Cosmos Is Mine, placida e minacciosa al contempo, mentre la tastiera punteggia ritmicamente Wagging Tongue. Ghosts Again, puntuale e raffinata, trasmette intensità e concentrazione. «You’ll be the killer/ I’ll be the corpse / You’ll be the thriller/ And I’ll be the drama, of course» (Sarai l’assassino / Io sarò il corpo / Tu sarai il thriller / E io sarò il dramma, ovviamente): le parole di Don’t You Say You Love Me si accomodano perfettamente nell’aura elegantemente noir creata da violini ed arpeggi di chitarra elettrica. My Favourite Stranger è spigolosa, ruvida e spinta; Soul With Me, al contrario, viene scortata in cielo da voce e cori quasi angelici. Lo spettro della droga compare in Caroline’s Monkey: «Fading’s better than failing / Falling’s better than feeling / Folding’s better than losing / Fixing’s better than healing, sometimes» (Svanire è meglio di fallire / Cadere è meglio di sentire / Piegare è meglio di perdere / Aggiustare è meglio di guarire, a volte). Before We Drown spalanca davanti a sé infinti orizzonti onirici; il dondolio elettronico e il riverbero sintetico di People Are Good anticipano la cupa seranata Always You («And then there’s you, there’s always you / You’re all I need to keep believing / And then there’s you, there’s always you / The air that keeps my spirit breathing». E poi ci sei tu, ci sei sempre tu / Sei tutto ciò di cui ho bisogno per continuare a credere / E poi ci sei tu, ci sei sempre tu / L’aria che fa respirare il mio spirito). Ricordi di elettronica anni ‘90 su una base sintetica graffiata da chitarre echeggiano in Never Let Me Go, prima che il giro si chiuda con le distorsioni stridenti che squarciano la tela sognante di Speak To Me. Il carattere predominante è ovviamente di matrice elettronica, con decisi richiami ai Kraftwerk, band tedesca nata nel 1970 considerata come pioniera del genere. Seppure quest’ultimo possa non rientrare tra i propri gusti preferiti, non si può non apprezzare la perfezione e la pulizia di alcuni passaggi dell’album: i brani di Memento Mori si susseguono nella lista come facenti parte di un flusso unico e uniforme, quasi ininterrotto. Testi ed elementi musicali sembrano studiati con precisione e utilizzati con sapienza nei momenti più indicati. Anche quando l’ambiente sonoro è destinato a non reggere oltremodo l’eccessiva oppressione e rigidità imposte dall’atmosfera, ecco che si apre uno spiraglio melodico che preannuncia speranza di lumionosa salvezza.

 

Diodato – COSI’ SPECIALE
Dopo la vittoria del Festival di Sanremo nel 2020, ci si poteva aspettare che l’autore di Fai rumore cambiasse rotta, virando dalla lunga e tortuosa strada del cantautore a quella breve e sfavillante della popstar. Invece Diodato, aostano di nascita, pugliese di origini e romano d’adozione, ha deciso di proseguire il cammino che riteneva più affine al proprio talento. Così, dopo l’esordio di E forse sono pazzo (2013) e i due successivi lavori Cosa siamo diventati (2017) e Che vita meravigliosa (2020), arriva a pubblicare il suo ultimo album, Così speciale. Questa raccolta mette insieme brani sia spensierati sia romantici, che hanno come filo conduttore la vita. Trombe messicane aprono Ci vorrebbe un miracolo, descritta così dallo stesso autore: «È uno sguardo sul caos della vita moderna, su questo continuo urlarsi addosso, non ascoltarsi mai, sull’estremizzare sempre i discorsi, sul polarizzare e non trovare mai un punto d’incontro, che sarebbe forse il vero miracolo di cui abbiamo bisogno». La title-track Così speciale racconta paure e rimpianti provenienti dalla fine di un amore (“Avrei dovuto darti un altro bacio / E dirti ‘Aspetta che ritorni il sole’ / Invece di lasciarti andare via / Invece di lasciarti andare”). Ormai non c’eri che tu è piena di tristezza e malinconia, Che casino prende corpo con una base sintetica minimale nella strofa per poi esplodere con i fiati nel ritornello. Occhiali da sole e Buco nero determinano gli estremi dello spettro dell’umore umano: da una parte positività ed ottimismo (“Ma sì, staremo a vedere”, “In fondo, dai, va tutto bene”), dall’altra impotenza e sofferenza (“Vedo cose che non puoi capire / Il mio dolore non lo puoi sentire”). In Ci dobbiamo incontrare una intro di chitarra acustica, accompagnata da violini, fa da sfondo alla battaglia tra una coppia ed il resto del mondo; intervalli orchestrali alla James Bond si accendono e si spengono durante Se mi vuoi. “Tu non lasciarti impressionare / Tu non lasciarti spaventare / Di me ti puoi fidare / Lasciati andare”: spensierata e rassicurante, Lasciati andare mostra un fascino retrò grazie alle ritmate sezioni eseguite dai fiati. Infine, la nostalgica Vieni a ridere di me regala una visione di Roma sospesa nel tempo, grazia ad un intimo pianoforte e alle leggere incursioni di sintetizzatore. La scelta dell’autore è quella di continuare ad esporre la sua realtà, con tenerezza ed intimità, senza farsi contagiare dai generi più in voga. Similmente alla corrente dell’indie italiano o it-pop, compare anche in Diodato una sottile vena ironica nella visione della quotidianità, ma i suoi argomenti si agganciano più volentieri al tema amoroso. Le sonorità si accostano maggiormente alla musica leggera, con poco utilizzo di strumenti sintetici in favore di pianoforte, fiati e archi; alcuni suoi brani potrebbero forse risultare poco ritmati, ma di contro mostrano un significato più profondo. Le influenze artistiche che hanno caratterizzato maggiormente il cantautore spaziano dal brit-pop al rock, passando anche dal repertorio nostrano: «Quando ho cominciato a scegliere la musica da ascoltare da piccolo sono partito con il brit-pop, di cui capivo poco. C’era un cugino che ogni tanto mi passava delle cose: Oasis, ma anche gli U2, Blur, Radiohead. Poi uno zio mi passava i Pink Floyd. Piano piano mi sono avvicinato alla musica italiana, ma più avanti. Ascoltavo in continuazione Battisti a volume altissimo, mia mamma mi urlava ‘Abbassa!’». Forse ciò che manca in Così speciale è un po’ di differenza tra le canzoni, alcune delle quali sembrano presentare strutture abbastanza simili tra loro. L’ipotesi è che l’autore non abbia voluto imprimere forzatamente una natura eccessivamente etereogenea, perché ciò avrebbe snaturato il carattere generale dell’opera, rendendola troppo varia e poco “sua”. Infatti, uno degli aspetti positivi nell’ascolto di Così speciale è la sensazione che le singole tracce appaiano molto personali e descrivano approfonditamente il proprio autore, provenendo direttamente dalla sua esperienza individuale. Questo è ciò che un cantautore dovrebbe sempre provare a fare nella propria attività. Secondo Diodato, infatti, la musica può offrire la facoltà di maneggiare e giocare con gli argomenti più delicati, ma è anche e soprattutto uno strumento di comunicazione: «Ho sempre visto la musica come una specie di ponte verso qualcun altro. È anche un modo per parlare di solitudine senza sentirsi veramente soli. Mi piace pensare alla mia musica come a una possibilità di attraversare anche parti più oscure per arrivare alla luce non in solitudine, ma in condivisione».