Un momento… sto pensando!

Di ANGELO ANELLI (Pedagogista e applicatore metodo Feuerstein)
e LAURA MONTI (Educatrice e applicatrice metodo Feuerstein)

 

Che valore hanno il rapporto umano e l’esperienza nel percorso di apprendimento di un individuo? Un tentativo di risposta può prendere spunto dal lavoro di studio e strutturazione metodologica di Reuven Feuerstein, psicologo israeliano che al concetto di mediazione nel processo di apprendimento ha dedicato la propria esistenza.

Il metodo Feuerstein è un metodo di potenziamento cognitivo basato su due principi fondamentali. Il primo consiste nel concetto di Modificabilità Cognitiva Strutturale (MCS) e descrive l’intelligenza come fattore incrementabile, in ogni fase della vita, in risposta al bisogno di adattamento a nuovi stimoli. Il secondo principio è rappresentato dall’Esperienza di Apprendimento Mediato
(EAM) che è la condizione per il raggiungimento della MCS ed è anche il percorso attraverso il quale avvengono lo sviluppo e l’apprendimento umano. Ai fini del processo di potenziamento cognitivo e di apprendimento risulta fondamentale l’interazione di tre fattori: l’allievo/a e il gruppo con le proprie specificità, il mediatore che conduce la mediazione e il compito con le proprie caratteristiche.
Feuerstein ha identificato 12 Criteri della Mediazione cioè comportamenti del mediatore, interattivi ed esplicitamente tesi alla costruzione della MCS. Tre di questi (Intenzionalità/Reciprocità, Mediazione di Significato e Mediazione di Trascendenza) devono essere sempre presenti perché qualificano la mediazione come tale, gli altri nove sono utilizzabili in funzione del tipo di attività proposta e/o della difficoltà incontrata.
Il metodo di potenziamento cognitivo si concretizza in un Programma di Arricchimento Strumentale (PAS): una strategia di intervento destinata a creare, attivare e sviluppare i processi cognitivi propri del pensiero, articolata in 14 strumenti composti di schede cartacee, affrontabili unicamente con matita e gomma. Ciascuno strumento è focalizzato su specifiche funzioni cognitive fondamentali. Al termine dello svolgimento della scheda, si procede ad elaborare una generalizzazione:astrazione metacognitiva sull’esperienza appena vissuta. In seguito, attraverso la fase di bridging (passaggio dall’esperienza alla competenza) si tenta di riconoscere la trasferibilità della generalizzazione in differenti ambiti esperienziali.
Questo percorso di apprendimento si realizza mediante una procedura dialogica che coinvolge l’allievo (o il gruppo di allievi) e il mediatore e porta ad acquisire, consolidare e potenziare il pensiero, sviluppandone gli aspetti metacognitivi.

 

Un metodo esperienziale
Il metodo Feuerstein non nasce in ambito accademico, esso ha una genesi induttiva, esito dell’esperienza di vita di un uomo che, sin da giovane, si trova a fronteggiare percorsi inclusivi per bambini e ragazzi figli di ebrei deportati ad Auschwitz. Feuerstein ha quindi accolto – decenni prima della denominazione ufficiale – il bisogno educativo speciale di giovani segnati in modo drammatico dalla vita: ha scommesso e investito sulla irriducibile positività della mediazione educativa, spesa dentro i criteri significativamente umani della relazione.
Le basi teoriche del lavoro di Feuerstein sono rinvenibili in prima istanza nella concezione – esposta da Piaget – dell’intelligenza come elemento che si trasforma attraverso l’età. Occorre guardare gli stadi di Piaget in una diversa prospettiva: l’evoluzione naturale del pensiero, che potrebbe subire rallentamenti o arresti a causa delle drammatiche vicende personali dell’individuo, può essere riattivata o accelerata. È a questo punto che la genialità di Feuerstein pone in sinergia l’insegnamento di Piaget con quello di Vygotskij: ogni persona, in ogni stadio della vita, è in grado di svolgere determinati compiti e raggiungere determinati obiettivi, ma esiste una differenza tra ciò che si è in grado di compiere da soli e ciò che può essere realizzato sotto la guida (mediazione) di una persona esperta. Questo ambito potenziale di miglioramento è la Zona di Sviluppo Prossimale (ZSP) ed è progressivamente espandibile e incrementabile.

Un metodo per la persona: una possibilità per tutti
Il metodo nasce quindi dall’applicazione privilegiata con soggetti in situazioni di svantaggio, ma – nel tempo – ha dimostrato la sua flessibilità e applicabilità in contesti totalmente differenziati: potenziamento cognitivo in funzione di specifiche carenze; sostegno e potenziamento al curricolo scolastico; sviluppo delle eccellenze cognitive; percorsi di alta formazione manageriale; accompagnamento cognitivo ai percorsi di sport agonistico, prevenzione della degenerazione cognitiva conseguente ai processi di invecchiamento. A fronte di una tale ricchezza di potenzialità applicative, risulta determinante un approfondimento in merito alla peculiare utilità del metodo rispetto alle specificità educative e didattiche dei bisogni educativi speciali.

 

La potenzialità educativa e didattica del metodo
Nel 1903 Rainer Maria Rilke scriveva in una splendida lettera al giovane poeta Franz Kappus: «Lei è così giovane […] e io vorrei pregarla quanto posso di aver pazienza verso quanto non è ancora risolto nel suo cuore, e tentare di amare le domande per se stesse, come stanze chiuse a chiave e libri scritti in una lingua sconosciuta. Non cerchi ora risposte, non possono venirle date perché non sarebbe in grado di viverle. E di questo si tratta: di vivere tutto. Viva le domande ora. Forse a poco a poco, senza quasi notarlo, si ritroverà a vivere un giorno lontano dentro la risposta».
Il metodo Feuerstein non si pone come un percorso di addestramento pensato per fornire risposte e procedure codificate, al contrario è una relazione dialogica fondata sulla fiducia nella capacità dell’allievo, o del piccolo gruppo, di trovare soluzioni personalizzate di fronte al compito dato. Il mediatore non si interessa del risultato raggiunto, ma del processo di pensiero che ha condotto al risultato. L’attenzione è rivolta alla strategia piuttosto che alla procedura, all’apprendimento piuttosto che all’addestramento e – nel lavoro di confronto (piccolo gruppo o classe) – il pensiero divergente diventa una risorsa tanto quanto l’errore, che può essere considerato come il trampolino di lancio per nuove conquiste di pensiero. La possibilità di vedere giudicato, ma al tempo stesso valorizzato il proprio errore come una risorsa per il gruppo, innesca un circolo virtuoso fatto di soddisfazione, impegno e risultato, spostando l’attenzione da ciò che manca a ciò che c’è. La fragilità è una parte di sé: più se ne ha coscienza e più diventa risorsa perché da questa consapevolezza matura il desiderio di mettersi in relazione con l’altro e quest’ultimo può divenire compagno, anziché competitore. In rapporto con un altro, la fatica – condizione del cammino – diviene possibile poiché tiene viva la memoria dell’orizzonte.
Anche gli strumenti utilizzati, gomma e matita, che rendono il lavoro modificabile in ogni momento, vogliono favorire un abbassamento dell’ansia di prestazione lasciando energie per il confronto e per la ricerca di strategie alternative utili a prevenire l’errore in altre situazioni.
Ognuno dei 14 strumenti inizia con una copertina che riporta la seguente frase: “Un momento… sto pensando!”. Compito del mediatore è accettare e valorizzare il silenzio che precede una risposta perché la riflessione, che anticipa la verbalizzazione, può non essere solo un imbarazzo di fronte a una spiegazione che non si è in grado di fornire, ma può essere invece l’inizio stesso della risposta. Il bisogno di riflettere prima di agire va educato e trae la sua giustificazione nella caratteristica di reversibilità che contraddistingue il pensiero, contrapponendola all’irreversibilità dell’azione.
Tutte le attenzioni educative fin qui descritte, fondamentali nell’affronto dei bisogni educativi speciali, non sono esclusivamente connesse agli strumenti specifici del metodo Feuerstein: i criteri della mediazione, la generalizzazione (riflessione sull’esperienza) e il bridging (passaggio dall’esperienza alla competenza) valgono pedagogicamente e didatticamente in qualsiasi contesto di apprendimento – particolarmente adatto è quello scolastico – e consentono la valorizzazione delle risorse dell’individuo.
Nelle proprie condizioni di vita, ciascun individuo può legittimamente sperimentare una difficoltà e manifestare la propria fatica per le circostanze date. Tutto può essere messo a dura prova. Qualcosa sorregge e rende affrontabili la difficoltà e la fatica: la mediazione è il rapporto che – attraverso la cura della relazione, lo sguardo positivo, l’attenzione ai particolari, l’intenzionalità educativa e la reciprocità – rende esplicita la preferenza durante l’esperienza di apprendimento. Nella preferenza si può essere fragili: non c’è l’aspettativa di una perfezione, ma l’attesa di una presenza. La possibilità di preferenza mette in movimento la persona e ne aumenta il coinvolgimento. La possibilità per i giovani di sperimentare una preferenza è una responsabilità degli adulti di riferimento – genitori, insegnanti, educatori – quotidianamente chiamati ad accogliere la sfida educativa attraverso la propria presenza.

Bibliografia

  • Feuerstein, R.S. Feuerstein, L. Falik, Y. Rand, Il Programma di Arricchimento Strumentale di Feuerstein, Erickson 2014.
  • Minuto, R. Ravizza, Migliorare i processi di apprendimento, Erickson 2014.
  • M. Rilke, Lettere a un giovane poeta, Adelphi 1980.