Comportamenti alimentari: quale disagio?

Di Rebecca Conti

Oggi è la giornata mondiale dei cosiddetti DCA, I disturbi del Comportamento Alimentare.
Il disturbo è talmente diffuso, soprattutto negli adolescenti e nei giovani, da essere stato definito come un fenomeno “pandemico” e di interesse primario per la tutela della salute pubblica. I DCA colpiscono sia uomini che donne, anche se complessivamente le diverse patologie (anoressia, la bulimia e il binge eating disorder) risultano essere meno frequenti negli uomini e molto più nelle donne, con un rapporto intorno al 9:1.
Diversi campi di studio, dalla psicologia, alla sociologia, al mondo della comunicazione si sono occupati di analizzare questi disturbi così come di cercare di comprenderne le cause e i meccanismi psicosociali alla base.
La psicologia evidenzia come la radice di tutti i disturbi del comportamento alimentare sia individuabile nella dinamica dell’autocontrollo.
Tutti gli esseri umani possiedono un livello di autocontrollo più o meno marcato, che va dal discontrollo che caratterizza i comportamenti impulsivi e disinibiti, all’ipercontrollo, caratterizzato dall’inibizione e l’internalizzazione delle risposte emotive.
Come è facilmente intuibile, le emozioni hanno molto a che fare con il costrutto del controllo: le persone a fronte di emozioni forti o di episodi spiacevoli cercano di regolare le emozioni attraverso la messa in atto di una forma più o meno intensa di controllo.
I soggetti che soffrono di DCA utilizzano il cibo come mezzo di regolazione emotiva, sfociando in condotte restrittive o caratterizzate da abbuffate prima, e pentimento e senso di colpa dopo.
Se i meccanismi che si istaurano nel soggetto sono chiari, perché tutto ciò accade? Qual è il motivo per cui alcune persone ricadono in forme di disregolazione emotiva così svantaggiose per la loro salute fisica e psicologica?
Chiunque sia venuto a contatto direttamente o indirettamente con l’irrazionalità e il dolore causato da queste patologie, ha esplorato dentro di sé anche questo tipo di domande.
Dare una risposta univoca è, come in tutti i fenomeni complessi, certamente difficile se non impossibile.
L’approccio terapeutico sistemico relazionale, ad esempio, individua nella famiglia il contesto nodale in cui si manifesta l’anoressia e la bulimia. Secondo questa scuola terapeutica, dalle caratteristiche del disturbo si possono evincere gli elementi che costituiscono la cultura della famiglia e le sue modalità di funzionamento interne. Tali sistemi sono solitamente caratterizzati da un’apparente armonia e perfezione che celano al loro interno una forte tendenza ad evitare conflitti e problemi. Queste dinamiche conducono il soggetto patologico ad assumere il così detto ruolo di “paziente designato”, garante simbolico della gestione emotiva dell’intero sistema familiare.
Queste spiegazioni sono solo un tentativo semplicistico di illustrare il complesso quadro entro cui i DCA possono manifestarsi. Nella maggior parte dei casi, infatti, non esiste infatti una causa unica e identificabile, ma si tratta più di un complesso quadro multifattoriale da cui emerge una situazione di forte disagio psichico.
Tra i fattori che concorrono a creare il contesto di disagio è impossibile non citare anche la forte influenza che i media hanno sul modo di percepire e valutare i corpi, secondo standard che evocano un desiderio di emulazione ad un modello spesso irrealistico se non insalubre.
Soprattutto nei casi dell’immagine femminile, il corpo viene spesso oggettificato ed idealizzato, tanto da venire definito solo in relazione a criteri di accettazione estetici ben precisi.
Chi è stato vittima di un disturbo del comportamento alimentare, l’ha descritto come un disagio che crea dolore, alienazione e isolamento dal mondo esterno.
La buona notizia è che in questa epoca di iperconnessione sono sempre di più i professionisti e i personaggi celebri che stanno accendendo un faro di consapevolezza sul tema.
Essere informati sui DCA significa anche sapere che esiste una forte rete di solidarietà pronta a garantire ai cittadini un sostegno e un intervento appropriato e personalizzato, in grado di porre l’individuo al centro e garantirgli un accesso alle cure sul piano fisico psicologico e relazionale.
La giornata del fiocchetto lilla ci insegna, grazie a testimonianze e riflessioni, che uscire da questi disturbi è possibile. Si rivolge ad ognuno di noi esortandoci ad abbandonare lo stigma sociale legato a chi soffre di DCA, e a chiedere aiuto ed affidarsi quando necessario.

Sitografia
https://www.salute.gov.it/portale/saluteMentale/dettaglioContenutiSaluteMentale.jsp?lingua=italiano&id=4470&area=salute%20mentale&menu=DNA