Fine vita… c’è ancora molto da curare!
Di PAOLA NAVOTTI
La fase terminale di una vita – quella condizione irreversibile in cui la malattia non risponde più alle terapie – è sempre molto complessa, oltre che enormemente drammatica. Chiunque ci sia passato, sa bene quanto sia difficile alleviare le sofferenze fisiche e psicologiche di un malato inguaribile e così, per quanto possibile, tutelare la qualità del tempo che resta, sia per lui che per la sua famiglia.
A partire dalla profonda convinzione per cui una persona gravemente ammalata è curabile, seppur inguaribile, le cure palliative sono un insieme di interventi terapeutici volti al conforto della sofferenza, qualunque forma essa assuma. Ricevibili in casa, in hospice, o in ospedale, di tali cure si ha tuttavia un’idea spesso falsata, influenzata cioè da credenze che non corrispondono alla clinica assistenziale in questione. Solo per fare qualche esempio: è vero che l’uso della morfina accelera il processo che porta al decesso? L’astensione dalla nutrizione e dall’idratazione di un paziente terminale causa sempre l’aggravamento delle sue condizioni? Quali terapie, nello specifico, sono considerate palliative? Una corretta campagna informativa è in effetti necessaria, perché tutti prima o poi si trovano ad affrontare la circostanza di un fine vita e, quando ciò accade, il tempo per decidere come farsi curare, o far curare un proprio caro, è sempre piuttosto limitato.
Dal 2016 l’Hospice Cascina Brandezzata, unità operativa di cure palliative del Policlinico di Milano, assicura anche tale formazione, sia scientifica che divulgativa. Tanto che l’incontro dal titolo “Sfatiamo i falsi miti nelle cure palliative” – mercoledì 29 maggio, dalle ore 18, presso l’auditorium della Brandezzata – è l’ennesima iniziativa di cui il team palliativista dell’hospice si fa promotore per contribuire ad un’adeguata educazione clinica sui temi in questione.
Ma come è nato l’hospice Cascina Brandezzata? Tutto ebbe inizio a fine anni Novanta, quando la Fondazione Lu.V.I. (Luogo di Vita e Incontro) presieduta dal prof. Bruno Andreoni (direttore dell’allora centro universitario interdipartimentale di Unimi per le cure palliative), ricevette una cospicua eredità che, in aggiunta al finanziamento del Ministero della Salute, permise al Policlinico l’ingente restauro di un’antica cascina di sua proprietà, la Brandezzata.
Risalente al 14° secolo e sita alla periferia di Milano (in via Ripamonti 428, dirimpetto all’Istituto Europeo di Oncologia), la Brandezzata è un antico cascinale lombardo: inizialmente era una locanda; poi fu trasformata in cascina, all’interno della quale alcune famiglie di contadini coltivavano 745 pertiche di campagna a riso, mais e frumento e allevavano un centinaio di vacche da latte, maiali, galline e conigli. Nel 1843 l’ospedale Policlinico la acquistò insieme ai terreni circostanti. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la casa padronale della cascina diventò sede di un comando delle SS e, nel dopoguerra, cessò di essere abitata. Fino, appunto, al 2016 con la realizzazione dell’hospice.
Sin dai suoi esordi, l’hospice è diretto dal dr Roberto Ercole Moroni Grandini che, insieme ad un team di esperti palliativisti, ha dato vita ad una struttura all’avanguardia, sia clinica che umana. Un luogo in cui prende immediatamente forma l’immagine evocata dall’etimologia latina della parola palliativo: quel mantello di lana, il pallium, che già i Greci indossavano sopra la toga o la tunica per essere avvolti, protetti, riscaldati. Come, in effetti, è necessario nell’ultimo tratto di cammino.
Per ulteriori informazioni: https://www.policlinico.mi.it/news/2024-05-20/3941/evento-2905-sfatiamo-i-falsi-miti-nelle-cure-palliative