Presidente Trump, please: ci restituisca la Statua della Libertà

A pochi giorni dall’insediamento del presidente Trump, le notizie di cronaca sono frammiste a molte immagini, anche metaforiche. Queste ultime, diffuse soprattutto sui social, esprimono il percepito di quel che sta accadendo: un percepito che attesta in modo ironico una grande preoccupazione e, allo stesso tempo, un forte giudizio di disapprovazione. Le prime decisioni del neo insediato presidente hanno per esempio suggerito – e fatto impazzare sul web – un fotomontaggio nel quale la Statua della Libertà è scesa dal proprio piedistallo e cammina con le valigie in mano, per andare chissà dove e chissà quanto lontano. Qualche collaboratore di Trump gli avrà fatto vedere questa immagine? Nel caso, che impatto avrà avuto su di lui… è possibile cioè sia rimasto indifferente all’accusa di aver “sfrattato” la libertà…? Possono sembrare domande inutili, ma dal nostro punto di vista non lo sono. Ci hanno infatti stimolato a riscoprire – e condividere con voi – la storia di quella statua così simbolica e così ironicamente oggi interpretata, per non dimenticarci del suo originario scopo. Si tratta di una storia nata per celebrare la fine dello schiavismo umano, la fine della sudditanza ottenuta con la forza, la fine di imposizioni antidemocratiche. L’inizio appunto della libertà civile negli Usa.

Era il 1865 quando il politico francese Édouard René de Laboulaye, noto per le sue convinzioni antischiaviste, ebbe l’idea di realizzare e donare agli Stati Uniti d’America un monumento che celebrasse il primo centenario della Dichiarazione di Indipendenza: quell’atto ufficiale che, a partire dal 4 luglio 1776, aveva reso le colonie inglesi d’America indipendenti dalla corona inglese. Nel centro del porto di New York, dove si era combattuto a tale scopo, una statua monumentale avrebbe rappresentato la libertà che illumina il mondo. Francia e Usa i si divisero le spese: alla prima la realizzazione dell’imponente scultura, ai secondi la costruzione dell’altrettanto imponente piedistallo.

Lo scultore francese Frédéric-Auguste Bartholdi immaginò una colossale statua classicheggiante in rame, ispirata alla figura della dea romana Libertas. Per la sua realizzazione (47 metri di altezza complessiva, come un palazzo di 15 piani), ebbe bisogno dell’aiuto dell’ingegnere Gustave Eiffel (lo stesso firmerà, pochi anni più tardi, la tour più famosa del mondo), che ideò una struttura portante in acciaio senza la quale le lastre di rame non sarebbero potute stare in piedi. La realizzazione della statua avvenne interamente a Parigi e durò 7 anni: dal 1877 al 1884. Per finanziare l’opera Bartholdi realizzò subito la testa e la mano con la fiaccola, installandole presso l’Esposizione Universale di Parigi del 1878 e aprendo così la raccolta fondi. Nel 1885, l’anno successivo al completamento, l’opera fu smontata in 214 casse e spedita in America a bordo del piroscafo francese Isère.

Il 28 ottobre 1886 l’inaugurazione: sia come monumento celebrativo e simbolico, sia anche come faro nautico. La luce – emessa da potenti lampade elettriche inserite all’interno della fiaccola impugnata dalla neonata Libertas – non era tuttavia sufficiente a illuminare la baia. Nel 1902 la statua cessò così la funzione di faro, ma – nei radicali restauri degli anni Ottanta – l’inserimento di una fiaccola dorata ne ha richiamato l’originaria funzione. Una funzione essenziale, in verità, anche se solo da un punto di vista simbolico. Ed è proprio questo punto di vista, oggi, che sembra aver fatto le valigie.