Valutazione della qualità e percorsi formativi

L’esperienza della Stripes Coop. nei servizi per la prima infanzia.

Uno degli obiettivi che Stripes Coop ha perseguito negli ultimi anni è stato quello di offrire un programma di interventi nell’area educativa che fosse centrato sulla qualità.

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Per qualità, ovviamente, non intendiamo una generica “soddisfazione” dei bisogni degli utenti (bambini, genitori, amministratori), bensì l’individuazione di quelli che definiremmo i requisiti minimi da garantire sul piano qualitativo per ogni servizio che eroghiamo. Essenziale, in primo luogo, è stato il lavoro di ricerca e di raccolta delle esigenze espresse e inespresse dei bambini, dei genitori e degli operatori; le difficoltà maggiori incontrate in questa preliminare analisi dei bisogni sono state di ordine interpretativo. Spesso, infatti, una buona analisi è possibile soltanto se i codici di interpretazione utilizzati per la lettura della realtà sono condivisi da tutti gli osservatori.
Per facilitare la nascita di un linguaggio comune che permettesse una analisi qualitativa soddisfacente, ci siamo dedicati alla formazione del personale educativo, dei coordinatori pedagogici e dei membri della équipe psicopedagogica. I prodotti più evidenti di quella che potremmo definire come una formazione costante e, soprattutto, capillare, sono state le griglie osservative. Sono strumenti che costituiscono delle vere e proprie “guide per l’occhio”, finalizzate ad una puntuale analisi degli aspetti più rilevanti e significativi che caratterizzano un contesto educativo come, ad esempio, l’asilo nido.
Per facilitare la comprensione di chi legge riportiamo come esempio una di queste griglie realizzata sulla scorta delle indicazioni fornite da Kuno Beller nelle “Tabelle evolutive”.

Griglia osservativa sui requisiti minimi da garantire in merito a:

DOMINIO DELLE FUNZIONI DEL CORPO

  1. PASTO (rifiuto, relazione adulto, relazione bambino, ecc.)
  2. CAMBIO (autonomia, fiducia, ecc.)
  3. SONNO (disturbi, resistenze, ecc.)

SVILUPPO SOCIALE ED EMOTIVO – GIOCO – RITI

  1. DISTACCO (separazione, saluto, ecc.)
  2. RELAZIONE BAMBINO-BAMBINO
  3. RELAZIONE BAMBINO-ADULTO

CONSAPEVOLEZZA DELL’AMBIENTE CIRCOSTANTE

  1. RELAZIONE BAMBINO-CONTESTO-MATERIALI

Uno strumento come quello illustrato costituisce un prezioso ausilio per l’educatore che vuole verificare il proprio agire educativo valutando in termini qualitativi il proprio lavoro e quello dei suoi colleghi. Si è pertanto rivelato vincente un approccio teso alla individuazione dei parametri qualitativi del servizio educativo, che non venisse gestito dall’esterno con strumentazioni (tabelle, test) perlopiù sconosciute, ma bensì dall’interno: dagli stessi operatori che lavorano nell’istituzione.
Autovalutarsi, si sa, non è un compito facile: i formatori hanno cercato di incentivare lo sviluppo di una “competenza osservativa” degli operatori attraverso opportuni training, dove non veniva richiesto solo di guardare la realtà educativa, ma di saperla vedere, leggere e commentare.
I formatori hanno, inoltre, caratterizzato i loro interventi con l’offerta di strumenti che spingessero gli educatori ad operare in un’ottica programmatoria, dove programmare significa cercare di prevedere cosa avverrà e come avverrà e sapere affrontare i problemi legati a variabili strutturali o relazionali, facendo riferimento a regole condivise dal gruppo di lavoro.
Gran parte del lavoro formativo è stato dedicato al tema del collettivo come istanza in grado, di volta in volta, di determinare, modificare, migliorare i livelli
qualitativi di un dato servizio.
In particolare si è cercato di insegnare a :

  1. partire dal singolo collettivo (condivisione del linguaggi, capacità di ascolto, definizione delle regole, scelta del metodo);
  2. cercare forme e strumenti di comunicazione facilitanti per il gruppo (individuazione delle peculiarità individuali, recupero del sapere nascosto degli operatori);
  3. sperimentarsi in ruoli diversi (condurre, osservare, verbalizzare, definire obiettivi, realizzare verifiche);
  4. documentare (storicizzare le esperienze per: verificare i propri progressi, agevolare la formazione di nuovi gruppi di lavoro).

Il percorso formativo dei nostri operatori è proseguito affrontando tematiche come: la comunicazione efficace come prerequisito per una corretta programmazione e per un buon livello di collaborazione; dinamiche, ruoli e variabili socialigiocate nel gruppo di lavoro il gruppo di lavoro e gli altri sistemi, la famiglia, le istituzioni educative.
Uno dei compiti più ardui che abbiamo affrontato è stato quello di tradurre nella pratica quotidiana le indicazioni teoriche emerse nel corso della analisi dei bisogni e in sede formativa. Gli spazi, gli arredi e gli aspetti organizzativi delle realtà educative hanno subito modificazioni e così pure la modalità di fare programmazione, la selezione del materiale ludico, l’individuazione dei tempi e delle procedure didattiche.
In particolare, ancora una volta, sono stati gli aspetti relazionali quelli a cui è stata data maggior importanza: l’obbiettivo, possiamo affermare, è stato quello di rendere il nido il luogo privilegiato per la nascita di una “trama di incontri” tra più persone. Nello specifico l’operazione di traduzione dalla teoria alla pratica si è svolta cercando di ripensare ai seguenti momenti qualificanti della giornata educativa:

  • l’inserimento dei bambini al nido (ruolo dell’educatrice di riferimento, ruolo educatrice di supporto, ruolo del genitore, organizzazione spazi e materiali)
  • progettazione attività educative come prodotto dell’osservazione sistematica dei bambini
  • ruolo, caratteristica e funzione dei sistemi che ruotano intorno al nido (famiglia, scuole dell’infanzia, spazio gioco, ecc.)

In conclusione, il nostro intento è stato quello di coltivare una cultura dell’infanzia che non si basasse solo sulla necessità e sul bisogno, ma che puntasse alla qualificazione, sul piano educativo, di una serie di procedure che troppo spesso vengono riproposte con poca consapevolezza dagli operatori.
E’ questa una di quelle imprese complesse (nell’accezione sistemica del termine), di cui non si può intravedere con sicurezza la conclusione e a cui non resta che continuare a tendere!

Luglio 2004