Ci sono persone che non vedono o non sentono come noi, ma questo non significa che vivano nel buio o nel silenzio. Significa che abitano il mondo attraverso altri canali: il tatto, le vibrazioni, la luce che si percepisce sulla pelle, il ritmo di una voce che si sente nel petto più che con le orecchie.

La disabilità sensoriale non è una mancanza. È un modo diverso di percepire, di conoscere, di comunicare. Come educatori, genitori, professionisti o semplicemente come persone abbiamo il compito di costruire ponti, non di alzare barriere. Ponti fatti di ascolto, di gesti, di strumenti che aprano possibilità. Perché l’inclusione non nasce dal fare “di più”, ma dal guardare in modo diverso.
La Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA) è proprio questo: un modo diverso di comunicare, che nasce dal rispetto profondo della persona e dei suoi tempi.
Non è solo un linguaggio per chi “non parla”, ma una forma di espressione umana che accoglie la pluralità dei modi di dire e di essere.

Usare la CAA significa credere che la comunicazione è un diritto universale, non un privilegio.
Ogni volta che offriamo a qualcuno la possibilità di dire “Io ci sono, io penso, io scelgo”, stiamo restituendo dignità e libertà.
Dietro ogni tabella colorata, ogni gesto, ogni sguardo condiviso, c’è un mondo che si apre.
Comunicare non vuol dire soltanto parlare. Un bambino che indica, una ragazza che ti guarda e sorride, un adulto che tocca un simbolo con le dita… stanno tutti dicendo qualcosa.

La CAA ci ricorda che la voce non è l’unica via per esprimere chi siamo.
Quando le parole non bastano, quando il linguaggio si inceppa o si ferma, tocca a noi avvicinarci, imparare un’altra lingua, tradurre il silenzio in presenza.
La CAA ci insegna a fermarci, ad ascoltare in modo diverso, ad accogliere messaggi che arrivano dal corpo, dallo sguardo, dai gesti. Ogni sistema di comunicazione ha bisogno di fondamenta solide. Nella CAA, queste fondamenta sono costituite dal lessico di base, quell’insieme di parole semplici e quotidiane che permettono di costruire infiniti significati.
Sono i “mattoni” della comunicazione: verbi, pronomi, aggettivi, parole che servono a esprimere desideri, emozioni, scelte. Accanto al lessico di base, esiste il lessico specifico, che appartiene ai contesti personali e alle esperienze individuali.
Sono le parole legate agli interessi, alle passioni, alle attività quotidiane.
Un bambino potrà voler parlare di “altalena” o “macchinine”, un adulto di “lavoro”, “amici” o “musica”.

Il lessico di base è la grammatica della libertà comunicativa:
permette di dire non solo “voglio acqua”, ma anche “mi piace giocare”, “sono stanco”, “non voglio più”. Il lessico specifico, invece, dà colore e identità alla comunicazione, rendendola davvero personale. Educare alla CAA significa costruire una casa linguistica accogliente, dove le parole di base sono le pareti portanti e quelle specifiche diventano arredi che raccontano chi siamo.
Gli oggetti cambiano, ma la struttura resta solida e permette di abitare la comunicazione con sicurezza e autenticità.

La CAA non è una tecnica. È una scelta educativa e culturale.
Significa imparare a parlare la lingua dell’altro, senza pretendere che sia sempre lui ad adattarsi alla nostra. Significa credere che ogni persona, indipendentemente dal modo in cui comunica, ha qualcosa di importante da dire.

Ogni volta che un bambino riesce a dire “no”, “ancora”, “mi piace”, “ho paura”, stiamo assistendo a un atto di libertà.

Un piccolo gesto che diventa un passo verso l’autonomia, verso la partecipazione, verso la vita.

A cura di Giorgia Sbernini


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