Spesso ci chiediamo se possano esistere metodi, rituali, incantesimi o ricette per far sì che i nostri bambini possano vivere il momento del distacco senza piangere e senza soffrire troppo. È bene acquisire la consapevolezza che quello della separazione dalle figure di riferimento, è un cambiamento importante, che costa tanta fatica sia ai bambini che a noi adulti.

Il distacco è senza dubbi un processo emotivamente carico e doloroso, ma non per questo dobbiamo lasciare che ci terrorizzi, ci abbatta o eluderlo.

Rieccomi quindi a cercare di fare un po’ di “ordine interiore” nella turbinosa bufera di emozioni che necessariamente accompagnano il momento del distacco.

Quale modo migliore di farlo se non partendo dal “loro” punto di vista?

Come mi piace fare, chiedo di provare a calarvi nei panni di un bambino che deve affrontare per la prima volta la separazione dai suoi genitori:

“Sono senza le mie persone di riferimento, in un posto che non conosco, diverso da casa mia, con adulti che non ho mai visto, spesso in presenza di altri bambini… Dove sono finito? Qui non ci voglio stare”. Ma soprattutto: “PERCHÈ mamma e/o papà, di punto in bianco, mi “mollano” qui? Mi dicono che devono lavorare, ma cos’è questo lavoro? Perché non possono portare anche me?”.

Vista in quest’ottica, a chi non verrebbe da piangere?

Potrà sembrare una banalità, ma ciò che ripeto sempre ai bambini che ambientiamo al nido è: “Hai ragione!”. Hai il DIRITTO di essere triste, spaesato, arrabbiato, di sentirti solo, insicuro, vulnerabile, perso. Hai tutti i motivi del mondo per disperarti e HAI DIRITTO DI PIANGERE se ne senti il bisogno. Il nostro compito (come genitori e educatori) è quello di accompagnarli in questo momento difficile, non di negare le emozioni che stanno provando ma accoglierle, comprenderle, supportarle. Se considerassimo il pianto come il modo che i bambini utilizzano per esternare ciò che stanno provando, capiremmo che non sta accadendo nulla di negativo, semplicemente stiamo legittimando le emozioni dei nostri bambini.
Quindi no, non esistono formule magiche per affrontare questo momento senza fatica (né tantomeno sarebbe “usuale”). Possiamo comunque lavorare su noi stessi per renderlo il meno traumatico possibile. Si, avete capito bene! Le “regole d’oro” per far sì che il distacco avvenga in modo salubre, risiedono entrambe nell’adulto. Nessuno dice che sia facile, soprattutto perché ci sentiamo “morire dentro” sentendoli piangere appena ci voltiamo (e ci consideriamo i peggiori mostri della terra…) ma, come spesso accade, “la chiave del successo” è da ricercare in noi.

La prima è la CONVINZIONE che manifestiamo al momento del distacco: “se mamma e/o papà sono sereni quando mi lasciano in un posto “ignoto”, non mi trasmettono timore o ansia, ripongono fiducia nelle persone cui mi stanno affidando, sono consapevoli del
fatto che anche per me è difficile, mi sentirò sì triste, ma anche compreso, supportato ed accolto”. Questo è ben diverso dal dire: non legittimatevi la malinconia che provate nel lasciarli…

La seconda è: facciamo CHIAREZZA. Non mandiamo messaggi discordanti del tipo: “Amore vado! Ci vediamo dopo! No, non piangere dai…va bene, rimango finché non ti calmi”. Percepiranno il nostro tentennamento ed entreremo in un circolo vizioso che, creando confusione, renderà ancor più difficile tutto il processo.

Quindi, se ci siamo convinti che piangere al momento del distacco è un DIRITTO e non per forza qualcosa di
spiacevole, permettiamo ai bambini di superare questo momento con le loro capacità, come “gli viene
meglio”: anche attraverso il pianto.

 

Dott.ssa Laura Torchio