I morsi. Quei fantastici “orologi” che ritroviamo su braccia, gambe e manine dei nostri piccoli che generano
un’ira funesta in noi adulti. È vero, ci fanno “perdere la testa” perché sono dolorosi e hanno anche un forte
impatto visivo.

In realtà tra bambini è abbastanza comune manifestare attraverso il corpo le proprie emozioni:

mi fai arrabbiare? Ti spingo via. Vuoi rubarmi il libro che sto leggendo? Te lo sbatto in testa. Mi dici di fare
qualcosa che non ho voglia di fare? Ti “do le botte” (lo fanno anche con noi adulti!).

La vera differenza sta nel segno lasciato. Lo spintone in linea di massima, lascia di stucco il bambino spinto che talvolta per lo
spavento può mettersi a piangere ma, se consolato, tutto passa. Il morso invece rimane!

Un tatuaggio che sembra indelebile, per giorni ci accompagna nella quotidianità e non facciamo che interrogarci su quanto
possa aver fatto male, sul perché sia capitato proprio al nostro cucciolo, sul come gli adulti presenti sarebbero potuti intervenire, sul perché “sempre a lui”…alimentando ancora di più la nostra rabbia.
Quindi rieccomi a cercare di farvi immergere nel mondo del bambino, nel caso specifico di un bambino che ha morso o che morde, per cercare di comprendere attraverso il suo punto di vista quali siano le motivazioni, perlopiù innate, che lo spingono a mettere in atto questo comportamento.
Partirei dal principio, parlando del neonato. Da appena nati, il mezzo “di competenza” per sopravvivere è appunto la bocca per potersi nutrire (insieme al pianto, per far sentire che hanno bisogno di noi). Alla suzione è legata, oltre all’evidente finalità fisiologica di alimentarsi, anche un’importantissima componente di “nutrimento affettivo”. Cibandomi, mi sento accolto, accudito, sento il sapore del latte ed anche quello della mamma, sento il suo cuore battere, l’odore della sua pelle…il che, è un vero piacere per l’anima.
Siamo quindi ufficialmente in piena “fase orale”.
Proseguendo…abbiamo tutti presente quel periodo in cui, nei primi mesi di vita, i bambini portano alla bocca tutto ciò che gli passa sotto mano? A tutti gli effetti “assaggiano” per scoprire ed interiorizzare le varie temperature, consistenze, sapori, forme, superfici… tutte queste azioni, non hanno solo un mero scopo conoscitivo ed esperienziale ma provocano anche grande piacere e soddisfazione nel bambino che si cimenta tra queste novità sensoriali.
Avendo compreso quindi l’importanza della bocca come primo mezzo di approccio al mondo e fonte di piacere, come “strumento” subito fruibile, alla loro portata, da utilizzare in modo innato e con enorme competenza sin dalla tenerissima età, possiamo provare a comprendere perché, anche quando crescono, lo possano utilizzare per relazionarsi a terzi. Nello specifico, un bambino che sta iniziando ad approcciarsi ad una socialità, dovrà sicuramente scontrarsi per la prima volta con quelle che sono le dinamiche, le
interazioni e le EMOZIONI che scaturiscono dall’essere in una collettività.

“Proprio nel momento in cui sto cercando di trovare dei modi per riconoscere e gestire le emozioni (felicità, rabbia…) che la vita in un gruppo naturalmente genera, a cosa potrei affidarmi se non allo strumento che da sempre mi ha permesso di confortarmi, confrontarmi ed affrontare le novità?”.

Quindi può tranquillamente accadere che, ad esempio durante la contesa di un gioco, un bambino possa affermare la sua personalità e
difendere ciò che in quel momento “è suo” mordendo, o ancora, in un momento di felicità estrema, un bambino possa mordere per scaricare quell’emozione “che sente crescergli dentro” ma che ancora a parole non sa spiegare (è praticamente una dimostrazione d’affetto dal suo punto di vista…). È un processo naturale ed innato ma soprattutto, loro non sanno e non si rendono conto di fare male!

Generalmente questa fase va a scemare nel momento stesso in cui i bambini imparano a verbalizzare ciò di cui hanno bisogno e ciò che gli può dare fastidio o, più in generale, quando acquisiscono un vocabolario più vasto. Da quel momento, le parole, diventeranno il loro strumento preferito per risolvere diatribe ed esprimere le proprie emozioni.

“Che grande conquista! Imparo a risolvere conflitti in autonomia e ad esternare quello che provo! Questa nuova competenza mi arreca tantissimo piacere e ne provoca anche in chi mi sta vicino e mi sente! Sono incentivato a continuare a parlare sempre più e mi rendo conto che mordere, non è più il mio strumento prediletto per esprimermi né tantomeno è necessario”.

Guardate un po’ che casualità: la competenza linguistica si manifesta sempre servendosi della bocca come strumento…
In ogni caso, al bimbo che morde, bisogna spiegare che è un comportamento sbagliato, che nuoce agli altri, da richiamare in maniera ferma. Alla luce di quanto detto però, converrete che non si possa fargliene una colpa vittimizzandolo o etichettandolo come “cattivo”, né tantomeno scaricando la nostra ira sui suoi genitori, che non hanno colpe al riguardo e saranno già abbastanza mortificati nel sapere che loro figlio si relaziona agli altri in maniera socialmente poco accettabile.
L’intervento educativo da attuare è quindi spiegare con fermezza perché non si può mordere e fornire un’alternativa: verbalizza “no” a chi ti dà fastidio, urla, sbatti i piedi per terra, abbracciami fortissimo…
…e munirsi di tanta pazienza.

Dott.ssa Laura Torchio

 

Trovate lo stesso articolo anche sul nostro blog di Con i bambini