Stazione di servizioGiorgia Grisendi

Il vento alza la sabbia improvvisamente, ma non faccio in tempo a coprirmi gli occhi. Impreco rammentando quella sciarpa e quegli occhiali da sole che ovviamente non ho portato con me. Risalgo in auto e fisso la pila di giornali, foglietti con appunti sparsi appunti e confezioni vuote di cibo che si è venuta a creare nel sedile passeggero… mi piace la solitudine perché posso permettermi di fare quello che voglio, ma capisco che mi sto impigrendo. Mi importa? Alla fin, fine no. Le ruote sfregano rumorose sullo sterrato per rimettersi in carreggiata. Sono di nuovo in viaggio.

La strada infinita davanti, l’orizzonte che si sposta sempre un po’ più in là…spingo l’acceleratore ancora un poco. Tutti gli altri veicoli rispettano il limite, non ci sono sorpassi né clacson. Solo il rumore del silenzio intorno, rotto dai tir che sferzano l’aria quando passano dalla parte opposta. Noto che chiunque sorseggia qualcosa mentre guida, magari neanche per la sete, solo per abitudine. Nessuno guarda i passeggeri delle altre auto. Nessun cenno, nessuno sguardo, nessuna interazione. Apatia totale.  Sono stati giorni lunghi, con molte ore di guida e tante foto da scattare, appunti da prendere…ma con un’assenza di incontri sempre incombente e presente, in ogni luogo. Non posso fare a meno di pensare alla leggerezza con cui tutto scivola via senza che a nessuno importi: ne sono stata testimone più volte nei giorni scorsi, nei tanti chilometri macinati. Come l’uomo senza gambe piazzato davanti all’ultimo benzinaio, con la scritta su un cartone sgualcito “Veterano senzatetto”. Forse non è vera nessuna delle due cose, ma dopotutto a chi interessa? Ai businessmen affaccendati che riempiono il serbatoio dei loro SUV parlando nelle airpods? Alla mamma coi bambini urlanti nel sedile posteriore che non sa dove ha messo il portafoglio? 

Un’indicazione dice che posso fare di nuovo rifornimento tra poco, spero di poter comprare anche del cibo caldo. Mi ero dovuta accontentare di delle patatine in quell’altro posto, sperduto in mezzo al nulla, qualche giorno fa. C’era un ragazzino che bighellonava intorno ai bagni con in mano una lattina di birra scadente. Sicuramente troppo giovane per bere; per non parlare di cosa potesse fare intorno a dei bagni nascosti dalla vista dei clienti e mal illuminati. Voleva sapere da dove venivo e che facevo lì. Io avrei voluto chiedergli se in quel momento i suoi genitori, i suoi amici, i suoi insegnanti sapessero dov’era.

Riprendo il contatto con la realtà, ecco la pompa di benzina e il piccolo negozio. Le luci esterne dell’insegna hanno qualcosa di spettrale: l’intermittenza è irregolare, accompagnata dal tipico suono di un apparecchio che sta per fulminarsi. I rumori della scritta elettrica blu sferzano l’aria pesante dell’umida nottata. All’interno un giovane uomo dai capelli unti e la barba incolta, lo sguardo perso e assente, tiene per mano due bambine bionde con vestiti troppo grandi che si allungano verso delle barrette al cioccolato, senza rispondere alle loro domande su quanto possono spendere e cosa possono prendere. La cassiera è visibilmente incinta, e scocciata sbatte sula tastiera del telefono le unghie ricostruite e appuntite.

Un signore anziano con cappello prende due casse di birra Blue Moon, mette la mano nella tasca dei pantaloni per tirare fuori il portafoglio sdrucito e butta alla cassiera una banconota. Lo vedo attraverso la sporca porta a vetri riporre nel cassone del fuoristrada arancione le birre. Parcheggiato di fianco a lui ora c’è una sorta di vecchissimo camper con scritte ai lati che sono state volutamente coperte e tendine a bande colorate sui finestrini. Ne scende una donna dai capelli corti e bianchi, scalza, con addosso un caftano informe che pare fatto con la stessa stoffa delle tendine: porta una borsa da spiaggia con ciabatte di plastica, asciugamani e prodotti da bagno anche se siamo ad ore di macchina dalla costa. Allunga una tessera fedeltà alla cassiera che si fissa la manicure e paga per una doccia. La ragazza indica un corridoio a destra senza nemmeno degnarla di uno sguardo. 

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